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Visualizzazione dei post da maggio, 2022

"I paesi delle ombre". Passione, analisi dei fatti, mistero, suspense, emozione. Questi gli ingredienti vincenti del libro di Oreste Mottola

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Passione, attenta analisi dei fatti, mistero, suspense, emozione. Questi gli ingredienti vincenti dell’ultimo libro del giornalista altavillese Oreste Mottola. “I paesi delle ombre” è la risposta al come scrivere un libro di successo, la cui riuscita dipende dal modus narrandi che qui è davvero coinvolgente. Il libro presenta episodi storici con semplicità e chiarezza attraverso la quotidianità degli avvenimenti e dei loro risvolti. Insieme agli accadimenti e alle storie di vita irrisolte di cui si racconta, emozioni, curiosità, credenze popolari, fatti miracolosi, miserie umane e grandi personaggi si alternano e intrecciano destando rinnovato interesse nel lettore. La scomparsa di Ettore Majorana e di Lorenzo Rago sono i casi che più impegnano autore e lettore, ma non i soli a catturare l’attenzione. Il libro, infatti, è un susseguirsi di storie particolari attraverso cui Mottola presenta i diversi paesi del sud di Salerno, utilizzando documenti giornalistici, mettendo a fuoco i con

"L'Antico Caffè" oggetto di una riscoperta archeologica. CAFFE' IORIO, C'ERA UNA VOLTA... articolo del 24 maggio 2011

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L’antico Caffè Iorio ora“Borgo Antico”, fu aperto nel 1911. Lo dicono le carte che ha scoperto Giovanna Baione, 27 anni, a meno di tre esami dalla laurea in economia e commercio, alla quale già sarebbe arrivata se non avesse abbracciato la causa di questo vero e proprio luogo dell’anima del cuore di Altavilla. Difficile che un altro Iorio, il celebre Carmine Pascià, del libro di Gian Antonio Stella vi abbia potuto prendere un caffè o assaggiare un bicchiere di vino. Carmine, vent’anni, già sposato con Lorenzina Di Poto e con due figli, lavora con il barone Ricciardi al giù al Barizzo, ed è tra le migliaia di fanti del Regio Esercito che nel biennio 1911-12 s'imbarcano alla volta della costa libica canticchiando ”Tripoli bel suol d'amore". Il Caffè Iorio diventò subito il centro politico, urbano e morale del paese. Ed anche del gusto, con la pasticceria. Il centro dell’Altavilla popolare era tutto qui: tra il Sieggio, le chiese di San Giuliano, S. Antonino e San Biagio. Mu

PARLANO ALTAVILLESE. Le gomme della Ferrari “cucinate” da Francesca Baione La chimica altavillese firma anche per Porsche, Lamborghini e dei Suv

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Le gomme della Ferrari “cucinate” da Francesca Baione La chimica altavillese firma anche per Porsche, Lamborghini e dei Suv “Avevo un lavoro fisso vicino casa ma ad un certo punto ho deciso di cambiare”. Così Francesca Baione, altavillese, diploma al liceo scientifico di Roccadaspide e laurea in chimica presso l’università di Salerno, racconta la “svolta” che l’ha portata a fare, da oltre quattro anni, la responsabile delle “mescole interne” dei pneumatici Pirelli. Suo padre è Antonio, è stato a lungo presidente della Pro Loco. Un fratello, Rosario, è professore in un istituto tecnico, l’altro Guido, gestisce un’avviata attività nel settore delle immersioni subacquee a Sharm El Sheik. Francesca fin dai tempi dell’università ad Altavilla si vede poco. Poco, perché ha sempre studiato e tanto. In molti l’hanno riscoperta quando una sua foto è apparsa su “Quattroruote” e su quel giornale specializzato spiega la sua specializzata attività nel campo dei pneumatici: “Non si tratta di composti

AMARCORD ALTAVILLESI, IL MIO PAESE

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  SÌ, IO MI RICORDO - 1 orestemottola@gmail.com Mi ricordo bambino con i tagli alle dita per via di una scatoletta tipo Simmenthal che volevo a apririmi durante una festa di S.Antonio. Inutile dire che era la prima volta che ne potevo comprare una da solo su di una bancarella... I racconti che mi hanno fatto querce e lecci del bosco della Foresta. Le mille storie dello "Scivolaturo" sono lì. Di briganti o di amori più o meno di contrabbando, l'anima romantica di Altavilla vivente tutta da lì. Con più esagerazioni che realtà. E poi una fontana... come quella dei Franci dove se ne bevi l'acqua nel paese ci resti... da decenni l'acqua non è potabile. Ci sono domeniche che vorrei non aver mai fatto il mestiere che faccio. Con gente che ti rimprovera per cose che non hai scritto e che loro non hanno mai letto. Però gliele hanno raccontate. Sotto non c'era la tua firma. Ma che importa...sono arrabbiati e ti tengono il broncio. E nel frattempo nel bar dove prendi il

AGROPOLI. L’autunno dell’antifascista gentile, il caso di Franco Antonicelli

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Agropoli, lo "scalone" ai tempi del confino per Franco Antonicelli    di ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com E’ alla chiesa della Madonna del Granato, nella vicina Capaccio, che il confinato andò a sposarsi. Era il giorno di Santo Stefano del 1936. Lui aveva tight e cilindro, mentre la sposa indossava un costume grecizzante ispirato alle vicine "vestigia" pestane. Le due grandi automobili arrivate da Torino dopo aver attraversato la polverosa Tirrenica Inferiore che tagliava a metà l'area archeologica di Paestum aizzarono la fantasia popolare dei braccianti di Capaccio e di Fonte di Roccadaspide richiamati dall'evento. Difficile immaginare che sapessero chi fossero gli sposi. I giornali di allora queste notizie non le davano. Meno che mai la radio, tutta discorsi del Duce con il sottofondo di adunate oceaniche di folla e le truppe di Graziani e Badoglio che del Negus Hailè Selassiè facevano polpette, però usando i gas. Lei era Renata Germano, la figlia di

Liscio cilentano, una originale storia di emigrazione romagnola nel profondo sud

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di Oreste Mottola   Simona Ridolfi, docente scuole superiori ed ideatrice della "Via Silente"  Una “Romagna mia” anche nel cuore del Cilento. Cominciò da contrada Coppola, frazione di Castelnuovo Cilento. Hinterland di Vallo della Lucania. Colpa del tabacco, coltura nuova e promettente, ma che abbisogna di professionalità specifiche. Maestri nel lavorar la terra natia, già abili agricoltori, i romagnoli si misero al servizio dei nobili possidenti locali. I cilentani chiamarono “coloni” i nuovi arrivati dalla Romagna. E questi ararono, dissodarono, bonificarono. Sul finire dell’Ottocento, molte famiglie provenienti dalla Romagna, lasciarono la propria terra per trasferirsi in Campania, Basilicata, Calabria. Questo flusso migratorio, invertito rispetto alla tradizionale rotta sud-nord, durò fino ai primi decenni del nuovo secolo, trapiantando nel meridione intere casate romagnole: dai nonni ai nipoti e, in alcuni casi, dai braccianti che già prestavano servizio presso tali fami

ALBANELLA. Giorgio Mottola, chi è il giornalista "castigarenzi" protagonista di molte pericolose inchieste televisive

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  Al centro nella foto: Giorgio Mottola di "Report" I babbi. Il nuovo tormentone televisivo relativo ai dolci romagnoli dei quali è ghiotto Matteo Renzi, l'ha inventato lui. Effetto delle riprese rubate all’ex presidente del consiglio che s’incontra con lo 007 Mancini su un autogrill. Il politico l’ha presa molto male ed ha chiesto di perquisire la redazione di Report.  Giorgio Mottola, il giornalista, ci gongola. «Noi difendiamo le nostre fonti con i denti. La denuncia non è a nostro carico, ma la richiesta di perquisizione è un attacco alla nostra trasmissione e potrebbe non essere l’unico visto il tema che stiamo trattando» dichiara. «Lunedì risponderemo a tutti i dubbi avanzati dal senatore Renzi con una nuova intervista alla testimone».  Per il cronista, nato ad Albanella, questo è solo l’ultimo successo. Nell’ultimo anno ha combattuto all’arma bianca in Lombardia documentando le incomprensibili modalità di gestione della pandemia. Prima ancora era stato più volte su

Salvate il soldato Nicola Lettieri. 1976 Aldo Moro è a Salerno per sostenere l'infortunato suo alfiere locale

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 Il 9 maggio 1978 è il triste anniversario del ritrovamento del corpo di Aldo Moro assassinato dalle Brigate Rosse. Nel Cilento c'è ancora il ricordo del generoso sostegno che diede al suo rappresentante locale, Nicola Lettieri, nella campagna elettorale del 1976...  Aldo  Moro , nel salernitano aveva due alfieri. Il primo era un giornalista.  Il più moroteo dei morotei salernitani non era un politico di professione, né uno che amava la prima fila della politica. Era un giornalista democristiano, o meglio, moroteo. Si chiamava  Luigi Del Pizzo,  Gigino per gli amici ed i colleghi. Nel giorno della caduta del suo governo del 1976 (durò 168 giorni dal 12 febbraio al 30 luglio), acquistò due colonne sul  Corriere della Sera  per esprimere il suo dissenso.  Il capo politico era invece  Nicola Lettieri, proveniva da Rofrano, il paese cilentano individuato come il più povero d’Italia negli anni Cinquanta. Lettieri, agronomo, studioso dei meccanismi di sviluppo, era stato destinato ad una