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Visualizzazione dei post da maggio, 2021

LUCREZIA LERRO, la poetessa SCESA DAL SUD. Originaria del Cilento, di Omignano

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Una poetessa che crede nel futuro, raramente s'incontra. Ma Lucrezia Lerro, classe '77, originaria di Omignano, in provincia di Salerno, dice che «la poesia è verità e si evolverà in meglio con la tecnologia». Il suo ultimo libro, «La bambina che disegnava cuori» (Bompiani, € 16,50) presentato insieme al poeta e scrittore Davide Rondoni ha fatto discutere il mondo della cultura e illustri giornalisti. Perché invece che guardare al futuro, racconta di un passato annegato nel Sud, che fa parte del suo dna (e che dunque, con tutta probabilità, odia e ama). D'altronde, per le donne, almeno, il primo amore – legato a un luogo, necessariamente – non si scorda mai. E anche una poetessa del nuovo secolo, che si cimenta in modo ardito con versi e temi della contemporaneità, non può non guardarsi addosso, per estirpare quel poco di verità che ciascuno si porta. La Lerro ha pubblicato su «Nuovi Argomenti», nell'«Almanacco dello Specchio» (Mondadori) e nell'antologia «Nuovissim

ALTAVILLA CAPUT MUNDI!. "Io e i miei paesani siamo fatti così". Una confessione

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La maggior parte dei paesi interni salernitani sono dominati dal criterio dell’uniformità. Spesso hanno anche un solo nome. C’è dove si producono solo i fagioli e si cucinano solo le castagne, dove sono stati tutti briganti o carabinieri, dove gli abitanti hanno, fateci caso, le stesse “facies”: segno di uno scarso scambio di patrimonio genetico. In altri paesi, soprattutto in quelli di mare o spiaccicati accanto alle vecchie vie storiche, c’è tutto e il contrario di tutto. Il sangue si è abbondantemente mischiato per tutta una serie di ragioni che non è il caso d’indagare: guerre, immigrazioni, pellegrinaggi, tanto per fare un elenco. Il mio paese, Altavilla Silentina, sta tra i secondi. E se ne vanta. Perché non è sul mare e non ci passavano le strade consolari romane. Ed ancora oggi una misconosciuta strada che porta a Castelcivita e a Roccadaspide è affogata dagli scalini e dai balconi di via Borgo S. Martino. Un bus, di quelli a due piani non ci passa. Altavilla caput mundi! Ci fu

IL MIO RICORDO. Carmine Gioia, il battipagliese professore aristocratico e cavaliere, il più anglofilo dei giornalisti salernitani

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“Big Ben ha detto stop”, così Carmine Gioia, spesso con in testa un ricercato cappello nero che ora non saprei descrivere, chiudeva l’intervista quando l’intervistato cominciava a divagare. Ci metteva stile anche nello zittire chi sparlava. Ora lo stop, il the end, al più anglofilo dei giornalisti salernitani, è arrivato all’esistenza terrena, non alla stima di chi lo conosceva. Più che liberale, era monarchico, più che sabaudo o borbonico lui si riferiva direttamente dei regnanti inglesi. Mi ricordo le foto di una visita a Paestum dove lui accompagnava la Regina Madre. Era uno degli ultimi sacerdoti della vecchia Battipaglia, quella dei mitici padri fondatori.Se n’è andato a 64 anni, Carmine Gioia, da solo due anni in pensione, ma sempre indaffarato con i suoi Cavalieri di Malta del Santo Sepolcro (cito a memoria, ti chiedo scusa) e i ragazzi da aiutare. E quelle buste di mozzarelle sempre in mano, da regalare all’ospite di riguardo della serata, cosicchè della nostra zona si potesse

Vincenzo Aita, dalle lotte contadine all’amicizia con don Alfonso Iaccarino Vincenzo Aita, dalle lotte contadine all’amicizia con don Alfonso Iaccarino

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  Megafonata, amplificata e dal vivo è la voce di Vincenzo Aita che fa da colonna sonora del documentario di Gerardo Chiumiento, trasmesso trent’anni fa dalla neonata terza rete Rai e che raccontava la lunga lotta contadina di Persano . Ed i tanti che sono passati per le sezioni del Pci, prima e dopo di quei momenti, sono in grado di ricordare il più celebre dei suoi intercalari, quel “queste questioni”, che segnalava però quante diverse sfaccettature della questione sociale ed agraria della Piana del Sele fossero a sua conoscenza. Così come, per storia familiare per via di suo nonno candidato alla costituente, e conoscitore della Divina Commedia anche per saperla recitare a memoria, è il depositario di fatto della storia di più generazioni della sinistra di Eboli e dintorni. E’ da queste serie di circostanze che disce nde quell’apparente alterigia che spesso finirà per isolarlo e renderlo “antipatico” a molti che proprio dalla sua stessa storia derivano. Sui banchi di scuola ci resta

ORESTE MOTTOLA. AMARCORD PERSONALISSIMO

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orestemottola@gmail.com Mi ricordo bambino con i tagli alle dita per via di una scatoletta tipo Simmenthal che volevo aprirmi durante una festa di S.Antonio. Inutile dire che era la prima volta che ne potevo comprare una da solo su di una bancarella... I racconti che mi hanno fatto querce e lecci del bosco della Foresta. Le mille storie dello "Scivolaturo" sono lì. Di briganti o di amori più o meno di contrabbando, l'anima romantica di Altavilla vivente tutta da lì. Con più esagerazioni che realtà. E poi una fontana... come quella dei Franci dove se ne bevi l'acqua nel paese ci resti... da decenni l'acqua non è potabile.  Ci sono domeniche che vorrei non aver mai fatto il mestiere che faccio. Con gente che ti rimprovera per cose che non hai scritto e che loro non hanno mai letto. Però gliele hanno raccontate. Sotto non c'era la tua firma. Ma che importa...sono arrabbiati e ti tengono il broncio. E nel frattempo nel bar dove prendi il caffè entra uno del quale

Fulvio Caporale, "A pruvence 'e Salierne a sunette",

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Come spiegare la riuscita satira di Fulvio Caporale? Comincia da quel mettere in versi, in un inedito dialetto salernitano - lucano, seguendo gli stilemi dello sfottò elegante, sempre colmo di cifra culturale ma mai saccente, trasudante esperienze di vita, con dei bei ritratti di paesi e città, conditi di personaggi di varia umanità. C'è la vita, ed è tanta. Con gli uomini veri, quelli che dicono quel che pensano, mai voltagabbana per convenienza. Il genere mi ricorda quel che accadeva sovente durante le campagne elettorali degli anni Cinquanta e Sessanta. La contingenza della lotta faceva nascere quella satira che s'abbatteva sì sugli avversari, cattivissima, ma senza mai avere cadute di stile. Fulvio Caporale, che è nato nel 1940, dichiara spavaldo la sua età, ma è un giovanotto nel portamento e nell'anima, queste atmosfere le ha respirate. Sia pur bonariamente, ma molto piccato, fa notare che il coetaneo Bruno Venturini, ha il vezzo di, oltre a tingersi i capelli (lo di

L’autunno dell’antifascista gentile, Franco Antonicelli ad Agropoli

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ARTICOLO e diritti di ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com E’ alla chiesa della Madonna del Granato, nella vicina Capaccio, che il confinato andò a sposarsi. Era il giorno di Santo Stefano del 1936. Lui aveva tight e cilindro, mentre la sposa indossava un costume grecizzante ispirato alle vicine "vestigia" pestane. Le due grandi automobili arrivate da Torino dopo aver attraversato la polverosa Tirrenica Inferiore che tagliava a metà l'area archeologica di Paestum aizzarono la fantasia popolare dei braccianti di Capaccio e di Fonte di Roccadaspide richiamati dall'evento. Difficile immaginare che sapessero chi fossero gli sposi. I giornali di allora queste notizie non le davano. Meno che mai la radio, tutta discorsi del Duce con il sottofondo di adunate oceaniche di folla e le truppe di Graziani e Badoglio che del Negus Hailè Selassiè facevano polpette, però usando i gas. Lei era Renata Germano, la figlia di Annibale, il notaio della Fiat. Ai locali della zona parve d

"Corna". Tutti a cantare “L’amico Giorgio”. Spopolano le “corna” in una canzone di una band d’illustri musicisti di Roccadaspide - Altavilla

  L’amore, sì. Visto dall’amaro del tradimento e delle corna. E’ la novità di questi mesi per opera di una band di musicisti altavillesi – rocchesi. Il testo è di Peppino Cammarano, uno che suona ben sette diversi strumenti e canta nei più rinomati locali della Campania. L’arrangiamento è di Daniele Brenca, contrabbassista e non solo, dalla fine degli anni ’90 a fianco di tanti importanti artisti e con un lungo soggiorno americano. La donna – immagine è l’altavillese Manuela Minasi, una voce straordinaria. Incisiva è anche la partecipazione di Enzo Tangredi, musicista altavillese con di grandi capacità espressive.  “L’ amico   Giorgio ” ironicamente stempera quei fatti della vita che anche dalle nostre parti hanno avuto recenti sbocchi sanguinosi. Peppino Cammarano non si sottrae alla discussione seria, e ci dice: “Elaborare l’avvenimento, ragionarci sopra, dimostrare che i casi non sono isolati… anche noi vogliamo con la musica aiutare una società da poco uscita dall’austerità del pic