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Visualizzazione dei post da aprile, 2021

UMBERTO ZANOTTI BIANCO RACCONTA LA SUA PAESTUM

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  “Voi sapete che siamo in cerca dei resti di un santuario antico e l’inseguimento vostro è veramente ridicolo; ma veramente credete che sono venuto a complottare con le bufale?”, scriveva così Umberto Zanotti Bianco, il 4 aprile del 1934, al Prefetto che gli aveva messo due poliziotti alle calcagna che lo sorvegliavano mentre si muoveva, con Paola Zancani Montuoro, tra gli acquitrini e i boschi di canne ed altre piante acquatiche di Gromola. “Dopo due giornate tra le paludi e le boscaglie, animate soltanto da mandrie di bufale e da torme di uccelli migranti…”, scriverà dopo. Era il 1934 quando i due archeologi alla ricerca del famoso Heraion, presso questo manufatto iniziarono alcuni saggi di scavo: «La mia collega ... aveva tenuto a far subito un piccolo scavo presso la chiesetta diruta, poco lungi dalla mozza torre secentesca di guardia». “Sopportato” e discretamente sorvegliato nel 1941 verrà direttamente inviato al confino. La scoperta di Hera Argiva arriverà dopo vari tentativi.

QUANDO QUI C'ERA PIU' AVVENTURA CHE NEL WEST. Storie della stazione di Paestum

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“La Stazione ha scritto la storia di questi nostri paesi. Ci sembrava di vivere come nel West o meglio ancora in un bel film d’avventura. Non ci annoiavamo tra i contrabbandieri, gli Indiana Jones, simpatici imbroglioni che arrivavano dal napoletano, i più grandi archeologi del tempo, Maiuri e Sestieri, Zanotti Bianco e Napoli. O un folksinger ai suoi primi tentativi come Otello Profazio, le sartine che venivano a piedi da Agropoli, le belle ragazze tedesche che facevano sognare e i ragazzi del nord Europa che poi sono diventati presidenti della Repubblica tedesca”, così Michele Paradiso, figlio di “don Nicola”, storico capostazione dal cuore grande, che pagava di tasca sua gli abbonamenti ad alcuni ragazzi che andavano a scuola ad Agropoli, e di Irma, che offriva un caffè a tutti, racconta gli anni Cinquanta e Sessanta vissuti tra Porta Sirena, la Cirio e l’area degli scavi che era tutta aperta e circondata solo da rigogliose siepi di rose rosse. A poche decine di metri dalla Stazione

MISTERI. “Nova Scotia”, la nave affondata e dimenticata

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  Con Domenico Masullo di Sacco morirono altri 8 salernitani [ 19 novembre 2020 ] Da Sacco, Alta Valle del Calore Salernitano, proveniva uno degli  italiani a bordo della nave “Nova Scotia” colata a picco, il 28 novembre 1942, dopo essere stata colpita dal sommergibile tedesco U-177. Si chiamava Domenico Masullo, il marinaio di Sacco, e aveva 41 anni, si era arruolato nell’esercito per la sua voglia di libertà e per non sottostare ai ricatti dei signorotti locali. Sulla nave c’erano molti protagonisti della battaglia di El Alamein. Circa 1.200 persone, in larga parte prigionieri di guerra italiani oltre ai soldati di guardia, componenti dell’equipaggio, internati civili e pochi passeggeri. C’erano anche alcune centinaia di soldati boeri, parte dei quali feriti nella battaglia di El Alamein (la seconda), terminata 23 giorni prima. Stavano andando tutti verso il Sudafrica. Per gli italiani si prospettava un periodo di prigionia, ma visto che si prospettava la fine della guerra erano feli

Serre, la vita delle libere donne della collina delle ginestre

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Serre, la vita delle libere donne della collina delle ginestre di Oreste Mottola orestemottola@gmail.com “Le donne di Napoli sono tutte delle mamme/le donne di Napoli si gettano tra le fiamme. Le donne di Napoli, Dio, ma che bella invenzione/ riescono a ridere anche sotto l'alluvione…”. Francesco Baccini… Le donne di Modena Il nome del paese non tragga d'inganno. Non c'è niente di serrato a Serre. Qui hanno l'orgoglio e le impennate degli antichi lucani, il popolo che più di altri ha dato l'impronta all'attuale Cilento. Su quella base hanno lavorato e levigato le asprezze. Con un'accelerazione che dura da due secoli e mezzo. Sì, da oltre duecentocinquant'anni questo è un paese che, almeno per la Piana del Sele, funge da laboratorio sociale e culturale. E' attraversato in lungo dalla strada che collegava Roma con il resto del Sud: prima Popilia e poi "via delle Calabrie", occasione di scambi economici e culturali, e all'interno ha assorb

PARTIGIANI "NOSTRI". Aldo Tommasini: partigiano, cantante, medico. Originario di Piaggine

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""Avevo vent’anni quando mi mandarono a tagliare i telefoni al comando tedesco. Era la mia prima azione partigiana. La paura, che era tanta, la superai anche per non fare brutta figura con la bella ragazza che mi accompagnava”.  Era agli ordini del nonno di Luca di Montezemolo nella Resistenza romana, nel primo dopoguerra il padre di Walter Veltroni gli suggerì il repertorio da eseguire e lo raccomandò in Rai quando il nostro era il solista del “Quartetto Azzurro” e Marcello Mastroianni lo sostituiva quando aveva la laringite. Poi è stato medico, docente universitario, cardiologo di fama, e prima ancora paracadudista, partigiano e cantante. Tutto questo, e tante altre cose ancora, vanno messe sul conto di Aldo Tommasini, 81 anni, discendente della famiglia di Nicola Tommasini, che nel 1799, si distinse nella zona per l’attivo sostegno al cardinale Ruffo e contro i giacobini. Con una madre medaglia d’oro della Resistenza, un fratello figura importante nel movimento anarchico e

RIVELAZIONI nuovo libro su “Battle of Altavilla” del 1943 curato da Gerardo Iorio *PERCHE’ GLI AMERICANI SI CHIAMARONO IL FUOCO AMICO *

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Nuovo libro su “Battle of Altavilla” del 1943 curato da Gerardo Iorio **PERCHE’ GLI AMERICANI SI CHIAMARONO IL FUOCO AMICO ** [Oreste Mottola] Sono i luoghi nei quali anche io amo passeggiare e perdermi nei miei pensieri. Pendenze aspre, con l’età che io ho, troppi gli anni ed anche i chili, mi affanno, devo spesso sostare. Parliamo di Capodiferro, Cielo e Terra, poi Camminato e Piano delle Rose, più in là la Guardia e poi Sgarroni. Colline altavillesi, dove specialmente la notte, ancora oggi si ha paura. Io ho paura. Una volta qui c’era il “campo da tennis”. Sport, musica e ottime mangiate. Anni Ottanta. Nessuno ricordava come ogni viottolo, campo e cespuglio aveva visto scorrere sangue. Davvero tanto. Di giovani americani e tedeschi, sui vent’anni. strappati alle loro occupazioni, molti di loro non erano che contadini dell’Ohio e della Baviera. Oggi un monumento, sulla sommità della collina, e qualche bandiera, tenta di ricordarli. Qui per un paio di settimane, nel settembre 1943, pa

Valva, aristocratica e misteriosa terra sulla via del grano da Eboli a Matera Fu allungata nelle proprietà del marchese di Valva per dotare il suo feudo di una strada, a spese dello Stato

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  Valva, mithus vivit , quando il mito torna a vivere. Con le storie di dei e ninfe scolpite nella pietra dalla mano dello scultore fiorentino Donatello Gabrielli, il Castello dei d'Ayala Valva è l’emblema dell'incontro con la bellezza. Prima ancora qui era di casa l’abbondanza, con la produzione di grandi derrate alimentari: vino, olio e grano. “Vino Valva da Mezzo taglio: Rosso, schiuma rossa che conserva a lungo, sapido, brillante, fresco, armonico con leggero profumo sui generis, sebevole, acidulo, alcole da 13 a 14°; vini da pasto da 11 a 11,5°". Ed ancora: “tra i vitigni più rinomati: aglianicone, aglianico uva di Troia”. E’ quanto troviamo scritto in una vecchia relazione agraria dei primi del Novecento. Nella villa - castello una botte in rovere di Slavonia, da 365 quintali di vino: “mansueto gigante in legno che aveva ospitato interi vigneti nelle sue branchie”, scrive Diomede Ivone, un prestigioso docente universitario ma nel 1958 solo un giovane aspirante giorna