PARTIGIANI "NOSTRI". Aldo Tommasini: partigiano, cantante, medico. Originario di Piaggine


""Avevo vent’anni quando mi mandarono a tagliare i telefoni al comando tedesco. Era la mia prima azione partigiana. La paura, che era tanta, la superai anche per non fare brutta figura con la bella ragazza che mi accompagnava”.  Era agli ordini del nonno di Luca di Montezemolo nella Resistenza romana, nel primo dopoguerra il padre di Walter Veltroni gli suggerì il repertorio da eseguire e lo raccomandò in Rai quando il nostro era il solista del “Quartetto Azzurro” e Marcello Mastroianni lo sostituiva quando aveva la laringite. Poi è stato medico, docente universitario, cardiologo di fama, e prima ancora paracadudista, partigiano e cantante. Tutto questo, e tante altre cose ancora, vanno messe sul conto di Aldo Tommasini, 81 anni, discendente della famiglia di Nicola Tommasini, che nel 1799, si distinse nella zona per l’attivo sostegno al cardinale Ruffo e contro i giacobini. Con una madre medaglia d’oro della Resistenza, un fratello figura importante nel movimento anarchico e d un altro, tenente dei carabinieri, fucilato alle Fosse Ardeatine. Uno zio, un altro Gaetano Tommasini, famoso tenore nell’Italia del ventennio lo divenne ancora di più per aver schiaffeggiato il potente podestà di Milano. Aldo Tommasini oggi è lontano dalle posizioni politiche del “capomassa”  piagginese Nicola che, grazie ad un’iniziativa dell’amministrazione comunale (assessore Vincenzo Marra) siamo venuti ad onorare in una serata culturale. “Il senso dell’onore, il coraggio dell’azione ed il disinteresse personale di Nicola sono valori che mi appartengono tutti, stanno nel mio dna”, racconta Aldo, ‘il dottore’, così come sono abituati a chiamarlo a Piaggine. “Sono nato a Napoli, a Chiaia, e qui si ferma il mio essere chiainaro. No, con il paese d’origine paterna non mi sento di rivendicare una continuità. Già mio padre l’aveva lasciato per la carriera militare”. Tuttavia c’è l’orgoglio per le scelte controcorrente e per aver  vissuto sempre intensamente e fatto tutto ciò che riteneva opportuno fare. Nella Resistenza ci entrò con tutta la famiglia: la mamma, il padre, comandante dei reparti della Cavalleria a Roma, al fratello Romeo, giovane e brillante tenente dei carabinieri, più volte protagonista di azioni di contrasto coi tedeschi, torturato a via Tasso e poi fucilato, a soli 25 anni fucilato il 24 marzo, diretta conseguenza dei fatti di via Rasella, imbastiti dai Gap romani. “Eppure abitavamo nello stesso palazzo degli Amendola’. Sì, perché Amendola era uno dei capi dei partigiani comunisti. I Tommasini no, dapprima monarchici poi la mamma, Elena Masi, che sarà a lungo alla guida delle donne democristiane. “Ancora però non ho trovato chi abbia scritto qualcosa per ringraziare le due categorie che, rischiando la pelle, diedero il maggiore contributo alla Resistenza come per salvare gli ebrei dalla deportazione: le “mignotte” e i ferrovieri. Nessuno più di loro ha fatto tanto’’. Aldo Tommasini ora è impegnato nel salvaguardare il palazzo degli avi, quello che s’affaccia su via Agricola, sull’immagine più celebre del paese, il ponte sul fiume Calore.

 

Oreste Mottola

 

orestemottola@gmail.com


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