MISTERI. “Nova Scotia”, la nave affondata e dimenticata


 


Con Domenico Masullo di Sacco morirono altri 8 salernitani

Da Sacco, Alta Valle del Calore Salernitano, proveniva uno degli  italiani a bordo della nave “Nova Scotia” colata a picco, il 28 novembre 1942, dopo essere stata colpita dal sommergibile tedesco U-177. Si chiamava Domenico Masullo, il marinaio di Sacco, e aveva 41 anni, si era arruolato nell’esercito per la sua voglia di libertà e per non sottostare ai ricatti dei signorotti locali. Sulla nave c’erano molti protagonisti della battaglia di El Alamein. Circa 1.200 persone, in larga parte prigionieri di guerra italiani oltre ai soldati di guardia, componenti dell’equipaggio, internati civili e pochi passeggeri. C’erano anche alcune centinaia di soldati boeri, parte dei quali feriti nella battaglia di El Alamein (la seconda), terminata 23 giorni prima. Stavano andando tutti verso il Sudafrica. Per gli italiani si prospettava un periodo di prigionia, ma visto che si prospettava la fine della guerra erano felici. Alle 7:07 però un sommergibile tedesco, su ordine del comandante Robert Gysae, gli lanciò contro tre siluri scambiando la nave per un incursore nemico o per un cargo mercantile. Lo stesso sommergibile, resosi conto dell’errore, lanciò l’avviso di aiuto: 181 persone saranno recuperate due giorni dopo, dai relitti e zattere di fortuna sui quali si erano rifugiati per salvarsi dagli squali, dal cacciatorpediniere portoghese “Alfonso de Albuquerque” mentre una nave da guerra inglese, contattata dal comandante portoghese Josè Augusto Guereiro De Brito, proseguirà la sua rotta senza aderire alle operazioni di soccorso. Una storia senza gloria, scomoda per tutti, ignorata da tutte le parti in campo. Oggi è Silvio Masullo, giornalista e dirigente di enti locali in Lombardia, già direttore generale della provincia di Crema, a prendere l’iniziativa. «Vi sembra roba da trascurare la morte di 670 italiani, annegati nell’Oceano Indiano e divorati dagli squali? Vi sembra giusto che a ricordarli ogni anno ci pensino da soli, a Pietermaritzburg, nel lontano Sudafrica?». Poche tracce storiche sono oggi a nostra disposizione su quella tragedia. C’è però il racconto di un sopravvissuto: «Il 28 novembre 1942, alle ore 7.07 il dottor Gino Caldiron e Luigi Butturini erano con me in una cabina comando del piroscafo britannico “Nova Scotia” che ci portava, prigionieri, nel Sudafrica, quando entrò il capitano Romney, comandante inglese del campo di Dekamerè che veniva trasferito a Fort Victoria, vicino alle famose cascate: “Al tramonto saremo a Durban. - disse - Date disposizioni perché lo sbarco avvenga nel massimo ordine. Mi raccomando marciate come vi ha insegnato a fare Mussolini”. Non terminò la frase che si fu l’esplosione che ci scaraventò a terra». Poi finirono tutti in mare. Silvio Masullo, discendente di Domenico, ha fatto di più, fino a scrivere al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere «maggiore considerazione” per la tragedia della “Nova Scotia”. Dalla Presidenza della Repubblica è arrivata una risposta formale che promette interessamento. «Per il momento è bene iniziare così», ha affermato Masullo. Tra le vittime salernitane oltre Masullo ci sono anche: Antonio Alfonso Scelza di Pontecagnano, Rocco Sica di Baronissi, Alfonso Amato di Montoro Superiore, Carmine Amato di San Cipriano Picentino, Gaetano Balzano di Castel San Giorgio, Curzio Francesco di Sant’Arsenio, Mattia Cerulli di Monteforte Cilento e Vito Migliore di Sala Consilina.
Oreste Mottola

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