LUCREZIA LERRO, la poetessa SCESA DAL SUD. Originaria del Cilento, di Omignano
Una poetessa che crede nel futuro, raramente s'incontra. Ma Lucrezia Lerro, classe '77, originaria di Omignano, in provincia di Salerno, dice che «la poesia è verità e si evolverà in meglio con la tecnologia». Il suo ultimo libro, «La bambina che disegnava cuori» (Bompiani, € 16,50) presentato insieme al poeta e scrittore Davide Rondoni ha fatto discutere il mondo della cultura e illustri giornalisti. Perché invece che guardare al futuro, racconta di un passato annegato nel Sud, che fa parte del suo dna (e che dunque, con tutta probabilità, odia e ama). D'altronde, per le donne, almeno, il primo amore – legato a un luogo, necessariamente – non si scorda mai. E anche una poetessa del nuovo secolo, che si cimenta in modo ardito con versi e temi della contemporaneità, non può non guardarsi addosso, per estirpare quel poco di verità che ciascuno si porta. La Lerro ha pubblicato su «Nuovi Argomenti», nell'«Almanacco dello Specchio» (Mondadori) e nell'antologia «Nuovissima poesia italiana» (Oscar Mondadori). Nel 2005 il suo «Certi giorni sono felice» è stato Selezione Premio Strega 2006, e risale appena allo scorso anno la sua raccolta di poesie «L'amore dei nuotatori».
«Nei giardini di piazza dell'Indipendenza, i militari stanno sulle panchine. Hanno stelline dotate e gli occhi matti» è forse il suo verso più noto. E questi occhi matti, a tratti, sembra averli anche lei. La poetessa dalla lunga chioma bionda che viene dal Sud, che con una seconda laurea in Psicologia (tesi sui disturbi alimentari) spiazza per la sua sincerità, la capacità di penetrare i solchi difficili dell'umano, e interpretare il mondo che verrà.
Nel suo ultimo romanzo, appunto, parla di ciò che sarà, attraverso un ritorno alla sua terra. La piccola Rosanna, protagonista del testo, si innamora sui banchi della scuola elementare di un suo compagno, Mario. Il primo bacio sulla guancia è la scoperta di un sentimento che sconvolge i ragazzi, oppressi da due madri egoiste e rabbiose e consolati da Ernestina, la "strega" del paese, una donna buona rimasta turbata dalla morte del marito.
Gli anni passano e Rosanna arriva alle medie, tormentata da un'odiosa professoressa, mentre Mario lavora già nel bar del padre, mentre aumenta sempre più la gelosia della mamma di lui, la "vipera", nei confronti della fidanzatina del figlio.
All'ultimo anno delle superiori i due scoprono la sessualità ma nascono i primi dissapori, a causa della presunta non verginità di Rosanna: proprio a causa di questo retrogrado concetto, il matrimonio non accadrà mai. Mario partirà per le vacanze con un amico, anziché andare via con lei, nel frattempo studentessa universitaria. È la crisi finale, un pubblico gesto di abbandono festeggiato dalla perfida madre di lui e fonte di scandalo in tutto il paese. A Rosanna non resterà che trasferirsi a Milano per cominciare una nuova vita.
Guarda caso, Lucrezia Lerro abita a Milano. E anche se ha il pudore dei sentimenti, è colta, e non si sbilancia un granché, le si legge addosso che «la provincia non è un posto buono, dove i bambini sono protetti. Mi sentivo nel cuore di un bosco feroce quando ero piccola». Più che della città, del vicino, dei parenti serpenti, nel futuro, poetessa, bisogna aver paura?
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