ALTAVILLA CAPUT MUNDI!. "Io e i miei paesani siamo fatti così". Una confessione



La maggior parte dei paesi interni salernitani sono dominati dal criterio dell’uniformità. Spesso hanno anche un solo nome. C’è dove si producono solo i fagioli e si cucinano solo le castagne, dove sono stati tutti briganti o carabinieri, dove gli abitanti hanno, fateci caso, le stesse “facies”: segno di uno scarso scambio di patrimonio genetico. In altri paesi, soprattutto in quelli di mare o spiaccicati accanto alle vecchie vie storiche, c’è tutto e il contrario di tutto. Il sangue si è abbondantemente mischiato per tutta una serie di ragioni che non è il caso d’indagare: guerre, immigrazioni, pellegrinaggi, tanto per fare un elenco. Il mio paese, Altavilla Silentina, sta tra i secondi. E se ne vanta. Perché non è sul mare e non ci passavano le strade consolari romane. Ed ancora oggi una misconosciuta strada che porta a Castelcivita e a Roccadaspide è affogata dagli scalini e dai balconi di via Borgo S. Martino. Un bus, di quelli a due piani non ci passa. Altavilla caput mundi!
Ci fu un tempo che vide gli etruschi a Pontecagnano ed in tutto il Picentino, i greci d’Occidente tra Paestum e Velia con i lucani appostati e guardinghi sugli Alburni: Altavilla è lì, a poche decine di chilometri di distanza da tutti questi luoghi. Perfettamente equidistante. Sì, da tutti abbiamo preso ed a tutti abbiamo dato. Anche ai pirati berberi che sovente, e prepotenti, ci fecero visita. Molti di noi potrebbero facilmente andare nel Maghreb e confondersi coi locali. Sorridete pure, siamo un paese aperto: il centro antico non è chiuso tra le gole di un’inaccessibile montagna ma ci s’arriva risalendo le giogaie di dolci colline. E quando la Piana del Sele era malsana per i miasmi della palude e la malaria non perdonava, quassù qualcuno (non tutti, per la verità) si godeva la vita. Questo raccontano le tante storie del Castello dove i discendenti dell’abate Ciccio Solimena vissero, o meglio se la spassarono, per oltre due secoli. Tutti quelli che passavano per la pubblica via dovevano ossequiare i signori e le cose migliori andavano a loro. I furbissimi briganti che stavano dentro al vicino bosco di Persano, una specie di Supramonte salernitano di quei tempi, sulla collina altavillese ci venivano perché avevano gli appoggi di tante donne – vivandiere. Si confina con Persano con un lungo tratto del bello e pescoso fiume Calore. I re qui erano di casa. Carlo III, Francesco e Ferdinando di Borbone amavano venirci a caccia. Goethe ci venne e ne scrisse. Hackert la dipinse. Fu culla dell’allevamento della razza equina omonima che trionfò in diverse Olimpiadi ed oggi è sede della Brigata Garibaldi: una delle più “operative” unità dell’Esercito italiano. È il passato con le sue luci (poche) e le tante ombre. Ancora: altri hanno avuto le industrie coi soldi dello stato? Noi di Altavilla, oltre alle regolamentari tre torri, sul gonfalone comunale abbiamo, virtualmente, i caseifici che sfornano la mozzarella più buona del salernitano. Un successo costruito, in meno di un decennio, da allevatori oggi diventati industriali. Torna il tema di una Altavilla Silentina doppia o una e trina: divisa tra una Piana del Sele alla quale appartiene per l’agricoltura avanzata ed una imprenditoria vivace, ed un territorio collinare che è cilentano per tante consonanze, non secondaria quella musicale. C’è l’Altavilla Silentina dell’appartenenza religiosa raccontata dalle oltre trentacinque chiese ma anche da un non troppo passato “culto” massonico dalle atmosfere sulfuree.
Oreste Mottola orestemottola@gmail.com

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