ALTAVILLESI DOC: ZIO ANTONIO DI VERNIERE DETTO PICCIRILLO

 

Ci teneva solo a ricordare i suoi record, ma non nell’ordine che segue:  60 uova fresche bevute per scommessa in poco più o meno di un’ora e l’essere riuscito ad entrare in Svizzera legalmente ma senza documenti e i cinque figli tutti colti, con laurea, ma rigorosamente alla mano, un’intera guerra  mondiale combattuta senza sparare un colpo. A seguire i suoi meriti nel campo della meccanica agricola, dove fu un innovatore, e la capacità di tenere buoni rapporti con tutti. Ma senza le ipocrisie del commerciante nato, zì ‘Ntonio Piccirillo nato Di Verniere, nell’Altavilla del secondo dopoguerra era uno che, semplicemente era ben disposto verso tutti, e dalla sua libretta piena di carte, sciorinava tessere del Pci e della Dc, della Azione Cattolica e della Cgil. Primo passo indietro: perché l’abbiamo sempre chiamato Piccirillo, tanto che molti hanno sempre ignorato che avesse  un altro cognome? Tutto comincia da Persano, l’attuale zona militare, dove il nostro trascorre la sua infanzia libero e felice. Le elementari le ha frequentate su al paese in collina e sulle sue pagelle, lo ricorda spesso ai nipoti, c’era sempre scritto un giudizio assai lusinghero, “lodevole”. A zì ‘Ntonio, che era nato nel 1922, sarebbe piaciuto continare gli studi, ma nell’Altavilla degli anni Trenta questa possibilità era appannaggio solo di poche famiglie. Approda così a Persano, dove il padre, fascistissimo, ha un impiego. E comincia la carriera normale. A 10 anni il piccolo Antonio è “sciolaciaule”, vale a dire addetto a spaventare quegli uccelli, le ghiandaie, della famiglia dei corvidi, che depredavano le grandi coltivazioni di frumento e foraggi che alimentavano le scelte mandrie dei cavalli di Persano. Solo l’anno dopo è già promosso “acquaiuolo”, ovvero trasportatore d’acqua per le centinaia di braccianti e mandriani dell’allora  tenuta reale. C’è un gruppo nutrito di giovani donne al lavoro, sono le “jevulese”, le ebolitane, che si distinguono per l’orgoglio nel loro lavoro e anche per modi comportamentali chele nostre compaesane non si permettevano. “Vire e che bellu piccirillo”, dicevano.  Il ragazzino altavillese che portava l’acqua  nelle cocome e muscitore suscitò subito i loro istinti materni e di protezione. E da allora Antonio Di Verniere, fu per tutti, Piccirillo.  

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