Altavilla e Pollica andata e ritorno. Ancora sull'Angelo Vassallo che io ho conosciuto
Ci
aveva fatto avvicinare di più Hemingway. Io avevo trovato quei nuovi elementi
che permettevano di poter rilanciare l’idea di un soggiorno cilentano,
nell’Acciaroli dei primi anni Cinquanta, dell’autore di “Fiesta”.
Al telefono gli anticipai la notizia: “Veramente dici? E falla uscire!”, non mi
disse più di tanto.
Era di poche parole, Angelo Vassallo. Ma capace di impuntature a viso aperto.
Come nella serata nella quale vennero presentate queste nuove ricerche sulla
presenza del premio Nobel. Arrivò al limite dello scontro fisico con degli
ascoltatori che rumoreggiarono, da “destra”, in seguito ad alcune parole di un
relatore.
Molto pragmatico nell’agire politico quotidiano, tuttavia mai dimenticava il
suo essere un uomo “di sinistra” ma mai genericamente “della sinistra”.
La sinistra di Angelo Vassallo era fatta di rigore e di originalità nel portare
avanti un modello di sviluppo molto semplice: duplicare nel Cilento costiero le
cose migliori che erano state realizzate nella Costiera amalfitana. Lui ci aggiungeva
l’anima ambientalista, la cura dei particolari, una forte spinta etica, “al bar
non accettava nemmeno un caffè”, e tutti i suggerimenti di quell’élite
socio–culturale che già da diversi decenni aveva scoperto Acciaroli.
A Galdo, che è un’altra delle frazioni di Pollica, lontana però dal mare, avevo
visto un caffè letterario. Libri e giornali, sigarette, la ricevitoria del
lotto ed il banco solo con i libri di autori locali. Poco distante un gruppo
teatrale animava serate nelle quali disseminavano tanti indizi e tutti gli
spettatori erano chiamati ad individuare il colpevole. “Quel negozietto
chiudeva, invece così tanti turisti ci vanno. Funziona sai…”, mi raccontava.
Questo era Angelo, uno straordinario catalogo di soluzioni, idee e
provocazioni. Di pragmatismo ed utopia. E poi nessuna indulgenza al
“piacionismo”. Cortesia e rispetto. Considerazione per tutto e tutti.
La serata hemingwayana andava per lunghe, lo spettacolo musicale cubano si
protraeva, dovevo rientrare. Mi alzo. Vassallo mi ferma. “Sai, io sono di
Altavilla”, aggiungo. “Lontanuccio, eh”, commenta.
Con orgoglio ho però visto molti miei compaesani marciare ad Acciaroli con la
torcia in mano: Aldo, Lorenzo, Gianni ed altri dei quali non ricordo i nomi.
L’idea che la ferocia del malaffare anche nel Cilento abbia superato tutti i
limiti è intollerabile e c’è chi ha sentito dentro di sé l’imperativo a
muoversi. A dire la propria, a testimoniare di non volerci stare. C’era tanta
gente comune che stava lì certo per “dovere”.
A chi oggi mi chiede: “noi cosa facciamo?” io rispondo che occorre tenere duro,
indignarsi, guardarsi attorno.
Cito sempre un libro di Bruno Arpaia: “ Il passato davanti a noi”, storia di un
gruppo di ragazzi che nella Ottaviano a cavallo degli anni Settanta ed Ottanta
si occupano delle grandi questioni del mondo e non si accorgono che i coetanei
con i quali vivono gomito a gomito, un nome a caso è quello di Raffaele Cutolo,
sono diventati la nuova camorra organizzata.
Nel numero speciale che ad “Unico” dedicammo ad Angelo Vassallo
la tesi centrale la espresse Luciano Pignataro: nell’omologazione crescente del
Cilento al resto della Campania c’è la chiave di lettura del crimine. Non vi
sembri patetica la mia richiesta di stare sempre con gli occhi aperti di fronte
al luccichio di diversi imprenditori. Soprattutto negli ultimi anni, Salerno e
la sua provincia sono diventate silenziosamente una lavatrice del denaro
sporco. Una macchina che centrifuga sempre più velocemente in ristorazione,
alberghi, negozi, attività per il tempo libero, immobili e terreni. L’avamposto
per gli investimenti futuri che la bellezza dell’area inevitabilmente
richiamano e che le tradizionali zone campane non sono più in grado di
investire. Di fronte a questi pericoli ci servono amministratori locali che non
alzino solo belle bandiere e dicano parole di miele ma siano d’esempio per
tutti. Come il sindaco Vassallo.
Che davvero ti sia lieve la terra, Angelo.
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