EBOLI. Omaggio a Lucio Magri. I suoi "ragazzi" si raccontano

 Alla ricerca di un altro comunismo | Il Saggiatore

1977- 1981. Ricordi della .... meglio gioventù ebolitana. Nell’ultima lotta contadina e nelle vicende del terremoto del 1980 il nostro apprendistato politico - romantico

I jeans e gli eskimo erano una divisa per tutti: ma mentre l'attualedirettore generale del comune di Eboli Biagio D'Ambrosio leggeva "il quotidiano dei lavoratori", militando in Avanguardia Operaia prima e Dp, Democrazia Proletaria, dopo. Gerardo Rosania e Giovanni Tarantino erano più "ortodossi", ovvero militavano nel partito comunista. Antonio Cuomo era a capo dei giovani socialisti ma più che leggere libri, stilare volantini e fare grandi discussioni ideologiche, come tutti gli altri, lui già accumulava voti. Con Lotta Continua c'erano quelli che, dicevano noi che c'eravamo, più subivano l'onda delle mode: non la barba di Peppe Leso che ne diventò l'icona ufficiale o il rigore scientifico di Marcello Merola. I più vivaci ed intraprendenti erano quel gruppo di studenti ebolitani, raccolti tra il liceo classico e scientifico, ma con presenze anche all'agrario, che furono prima "Manifesto" e poi "Pdup". La storia andò avanti tra il 1976 ed i primi anni 80. Il 1968 ad Eboli era arrivato in ritardo: fu il 1974, con la rivolta per quella fabbrica della Fiat tolta ad Eboli e portata in Irpinia. Ma qualcuno, come l'architetto Vincenzo Trifone, a Napoli era già stato un leader delle manifestazioni studentesche. Antonio Vecchio, il manager informatico oggi alla presidenza della mista "Eboli Multiservizi"; Enrico Melchionda, docente universitario a Salerno di scienza della politica; Donato Santimone, direttore commerciale della Saba di Bellizzi; Felice Bergamo, professore di fisica ed anche chi scrive queste note. C’era Alfredo Gori. C'erano poi alcune ragazze, Maria Bello, Erminia Vignola e Stefania Capasso. Il gruppo di Sicignano portò un tocco di lievità : Stefania aveva gli degli occhi azzurri spettacolari e dalle pendici degli Alburni veniva Maurizio Bisogno, occhialini da intellettuale e modi da poeta. La sezione era in uno dei vicoletti tra piazza della Repubblica ed il centro storico. Vi si svolgevano riunioni su riunioni, si producevano scioperi studenteschi e soprattutto la partecipazione alle lotte contadine di Persano. A costruire il gruppetto, pezzo per pezzo, fu Enrico Melchionda, figlio di un capo comunista locale morto prematuramente, ma di formazione eterodossa pur essendo quello che aveva letto tutto il Marx e Gramsci possibile. Al Pdup di Eboli fummo tutti, su suo imput, troskisti e la sezione l'intitolarono ad un ebolitano, Berniero Manfredi, fuoriuscito antifascista e morto, forse per mano comunista, ad Algeri. Vincenzo Sparano, stalinista doc nel pensiero ma democratico nell'azione, che fu anche senatore del Pci, non ci poteva soffrire, ci definiva "fascisti rossi". Nella sezione del Pci, dove oggi c'è un negozio di telefonini, il quadro di Stalin era ancora irremovibile. Discussioni a parte, nel maggio - giugno del 1980 i "pduppini" di Eboli entrarono nella lista comunista per le elezioni comunali ma in un modo inconsueto: agli ultimi due posti della lista (prescindendo dall'ordine alfabetico). Qualche mese dopo ci fu il terremoto, ed in quella grande tragedia facemmo il nostro '68, ovvero l'apprendistato politico e sociale. Alle comunali del 1983 invece l'accordo, più per l'inattitudine alla diplomazia di Vincenzo Aita, non si trovò e il Pdup si presentò da solo. Enrico Melchionda sfiorò l'elezione a consigliere comunale, lo seguirono Donato Santimone, Antonio Vecchio ed io. I pduppini ebolitani furono i primi ed in casa sua, spietati critici del partito socialista di Conte. Conducemmo, per fare un esempio, una battaglia aperta contro il porto-canale alla foce del Sele. Il Pci di allora, su queste come altre cose, era almeno acquiescente. Poi ci presero la vita e le carriere, i chili in più ed i capelli in meno. Dicemmo la nostra, e non ci siamo mai pentiti.

Autore: ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com

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