Io, ingenuo sognatore....


All’ombra del Castello medioevale c’è la piazza del mio paese. La ricordo affollatissima in una domenica mattina dei primi anni Settanta: un uomo da un palco, con la giacca in mano, racconta vicino al microfono che aveva ricevuto delle ritorsioni per qualcosa che aveva scritto sul giornale. A casa poi saprò che era Bruno Mazzeo - maestro elementare, consigliere comunale, oratore tagliente e brillante corrispondente de “Il Mattino”. E’ il primo giornalista in carne ed ossa che io, con papà, nonni e bisnonni tutti contadini, abbia visto. Mi fermai e lo ascoltai, ero un bambino, non lo so come fu, ma forse la molla scattò da quel momento. E continuò, per molti anni, con il semplice acquisto di tutto ciò che potevo leggere e, soprattutto permettermi di acquistare dalle edicole. Poi mi rapì la voglia d’impegno politico ed il giornalismo l’avevo accantonato a semplice hobby. O meglio, fino a che, in soli tre anni cadesse sia il muro di Berlino che la dittatura della partitocrazia in Italia, giornalista non diventavi se tuo padre e tuo nonno avevano solo arato terreni ed allevato mucche e capre nelle campagne di Sgarroni, le colline che guardano agli Alburni, loro che di politica e di favori da chiedere ai potenti non ne avevano mai voluto sapere. Io poi ci ho messo del mio: non ho mai fatto il servo sciocco di partito. Mi è valsa da utile gavetta quel lungo “Purgatorio” che ho attraversato in innumerevoli giornali, dove ho scritto a gratis, che oggi perfino io fatico a ricordarli tutti. Volevo fare anch’io il giornalista.
Da oltre venti anni sono il corrispondente di diversi quotidiani locali, cominciando dal “Mattino” e per finire  alla "Città" e scrivo, con continuità, non solo sul mio paese, ma con un orizzonte aperto su tutta la Valle del Calore e la zona degli Alburni. Un altavillese, per di più uno del contado, mette la sua firma sul quotidiano più antico e prestigioso del Mezzogiorno dopo quasi venticinque anni dal giorno che Bruno Mazzeo, che m’incantò quella mattina, aveva smesso. In molti mi riconoscono che lo faccio con onestà intellettuale. Quest’ultima circostanza è l’unica “medaglia” che mi piace appuntarmi sul petto.
Con il mio libro ho tolto dal dimenticatoio alcune storie che ho raccontato ai lettori in questo ultimo decennio di professione. Alcune: Il caso Majorana e la scomparsa del sindaco Rago mi hanno particolarmente appassionato. Il volume si chiude con un’ampia parte dedicata al mio paese: Altavilla Silentina. Prendetela come un’altra mia testimonianza di appartenenza comunitaria.
Sono fedele a quell’idea romantica di giornalista che, senza antipatici e velleitari esibizionismi, in ogni articolo che scrive non tradisce mai i suoi lettori – acquirenti del giornale. Cerco di non scendere a compromessi con i tanti poteri, legali ed illegali, ed economici, che oggi – in questa parte della Campania - condizionano la professione di comunicatore. Sono un ingenuo sognatore? Chiamatemi pure così, mica mi offendo.

Oreste Mottola

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