ALTAVILLA SILENTINA 1940 - 41. Gli ebrei ed altri confinati
di Oreste Mottola orestemottola@gmail.com
Le atmosfere sono quelle che in
maniera romanzata ci ha restituito il libro “Il Balordo”, scritto da Piero
Chiara e stampato da Mondadori, interpretato in tv da Tino Buazzelli. E’ il
romanzo più conosciuto fra quelli che sono stati ambientati ad Altavilla
Silentina. [1]
Maggio del 1940: Ad Altavilla
l'ordine arrivò con un telegramma del Prefetto al podestà Francesco Mottola:
"Pregasi telegrafare urgenza posti disponibili in codesto comune per
internandi italiani albanesi et stranieri tenendo presente opportunità che essi
trovino conveniente alloggio et possibilità adeguata vigilanza. Attendesi
urgentissimo riscontro". Il mittente è
L’ipotesi diventò presto realtà. Di
forestieri di passaggio nell’estate del 1940 non se ne vedevano molti e quando,
in piazza Castello di Altavilla, videro scendere dalla “Cristalliera” quelle
persone educate ed eleganti ci fu sorpresa. Nessuno si aspettava di vedere gli
ebrei mandati al confino. “Si vede che non sono delinquenti”, dicevano le donne,
gli anziani ed i ragazzi. Tutti gli altri erano al fronte. Solo qualche
fanatico o ignorante insistette nel tenere le distanze. Grazie alle carte
fortunosamente ritrovate nell’archivio storico del comune è oggi possibile
ricostruire alcune storie di quel passaggio.
Come Bernardo Zgur arrivato ad Altavilla il 16 gennaio del 1941. Figlio
di Giovanni e Rosaria Tomasic, risulta nato a Podroga - S. Vito di Pivano, in
provincia di Gorizia, ha 25 anni, ed è celibe. Proviene dal campo di
concentramento di Isernia. Appena arrivato ad Altavilla emergono subito le sue
precarie condizioni di salute. E' affetto da tubercolosi. E’ il podestà
Francesco Mottola a prendere a cuore la sua situazione: “L'internato in oggetto
affetto da emottisi ed infiltrazione apicale a sinistra come rilevasi all'unito
certificato del locale ufficio sanitario, munito di foglio di via, viene
inviato presso codesta Regia Questura per farlo sottoporre ad accertamenti
diagnostici dal Consorzio Provinciale Antitubercolare e disporne eventualmente
il ricovero in adatto luogo di cura". Dopo questa nota di Mottola solo il
19 febbraio, e cioè dopo più di un mese,
I Keller erano invece dei ricchi commercianti che, a seguito delle
persecuzioni razziali, avevano perso tutto. “I suddetti Keller hanno dichiarato
di non possedere denaro e di non avere gioielli”, scrive il podestà. Nato a
Kulitzkov, Beniamin Keller è figlio di Markus e Charlotte Bader, vedovo, arriva
ad Altavilla l'8 agosto del
Il vecchio Michele Mazzeo
avventurosamente, da prigioniero di guerra degli austro-ungarici, aveva fatto
il falegname nei cantieri navali di Budapest tra il 1917 ed il 1920, cercò
nella sua memoria e fervida intelligenza di ricordare qualche vocabolo
ungherese, sopravvissuto per vent'anni, per comunicare con i magiari Keller
(padre e figlia nubile) che avevano voluto affrontare in Italia la vergogna
delle leggi che promuovevano le persecuzioni razziali. L'artigiano altavillese
rappresentò, per quei lunghi mesi, il loro unico modo di comunicare con un
mondo molto diverso. Piccolo di statura e con il pizzetto bianco, Beniamin Keller
agli altavillesi sembrò una copia di Vittorio Emanuele. Riuscì a spiegare
d'aver dovuto lasciare la proprietà di un grande panificio a Vienna o, forse, a
Budapest. Il sabato, con la figlia e gli altri internati israeliti, si metteva
l'abito elegante e si faceva vedere in piazza.
IL MALTESE E GLI ALTRI. Il giovane maltese Paolo Calea invece, da
buon mediterraneo, s'inserì subito tra la gioventù altavillese. Più di una
volta i carabinieri lo avevano 'pizzicato' in giro per i vicoli del centro
cittadini, ben oltre gli orari stabiliti dalla legge. Forse, fu proprio questa
confidenza che lo spinse a gioire, ai principi dell'aprile del '41, alle prime
ammissioni - nella propaganda fascista - dei cedimenti bellici in Africa
Orientale. E la 'spiata' allora fatta da due nostri compaesani resterà come
unica macchia su vicende dove il senso d’umanità della nostra gente e delle
stesse autorità preposte sarà costantemente presente.
Maltese, nato a Valletta, figlio
di Giovanni e di Concetta Mallia. Dal 10 febbraio del 1941 la questura di
Catania lo aveva destinato a Salerno, dove arriva due giorni dopo. Quando, il
13 febbraio, arriva ad Altavilla, ha 27 anni. Resterà nel nostro paese fino al
4 aprile, quando il Podestà telegrafa al questore: ": "Internato
Calea Paolo nell’ascoltare il comunicato numera
CARLO MELCHIORRE BOURNIQUE, fu Carlo, francese. Già confinato ad
Amalfi non arrivò mai ad Altavilla Silentina. Doveva essere di buona condizione
economica se il 7 aprile 1941 il questore di Salerno dispone che, quando
giungerà nel paese, ’Il Bournique deve considerarsi internato a proprie spese. Il
Podestà di Altavilla è pregato di segnalarne l'arrivo e di sottoporlo alle note
prescrizioni, facendo tenere copia del relativo verbale”. Il 24 aprile il
Questore cambia idea e con un telegramma avverte il Comune di Altavilla che
Carlo Bournique è stato invece trasferito ad Arezzo.
JEAN ALFREDO LOUIS. L'ANARCHICO.
In una Altavilla bacchettona dove solo a don Ulderico era concesso di
trasgredire le rigide regole sociali la bella moglie dell'anarchico Jean Louis
Alfredo fece sognare molti. L'avvenenza di Anna De Leucia era particolarmente
valorizzata dalla sua bravura di ballerina nelle serate organizzate presso la locanda
di Peppina Marra e di Francesco Suozzo. Proviene dal mondo dell'anarchismo
napoletano. E' un italo - francese, figlio di Giusto Louis e Carola Musella. Ha
31 anni, sposato. Arriva ad Altavilla il 20 novembre del 1940, proveniente da
Arezzo. Appena mette piede nel paese si reca presso il Municipio dove gli fu
fatta firmare la solita dichiarazione con l'elenco di tutte le limitazioni al
suo forzato soggiorno. Il 4 dicembre arriva la moglie, Anna De Leucia, a fargli
visita. Il 23 gennaio del 1941, Jean Alfredo Louis, rivolge una istanza - forse
una richiesta di espatrio- al Consolato d'America in Napoli. Il 7 febbraio il
podestà Mottola, scrive alla Prefettura: "L'internato Louis Jean, che
serba condotta irreprensibile, e sino ad oggi non ha dato luogo a lagnanze
insiste continuamente acchè la propria moglie possa convivere con lui. Se non
costano speciali disposizioni, ed in considerazione della buona condotta
dell'internato, si prega di dare all'acclusa istanza esito favorevole". Il
12 febbraio 1941
DESIDERIO GRUNHUT. Medico - chirurgo, proveniente dal campo di
concentramento di Campagna, giunge ad Altavilla il 15 novembre 1940, poiché
'ebreo apolide'. stando alla prima qualifica appioppata dalla nota 4015 della
Questura di Salerno, poi corretta in "ebreo ungherese'. Desiderio Grunhut
- 43 anni, è nato a Rakospalata, è figlio di Isidoro e di Maria Stein. Arriva
ad Altavilla con la moglie Elisa Guerrato ed una figlia di 13 anni. Il 21
dicembre ad Altavilla arriva anche un nipote di Desiderio Grunhut, è Raffaele
Guerrato, residente a Roma in Via Lunigiana 6 int. l. Dichiara, a tal proposito,
il podestà:’L'internato Grunhut mi asserisce che il proprio nipote si è qui
portato per ragioni di salute ed intende rimanervi per un pò di tempo. Poiché
il giovane è sfornito d’autorizzazione e di documenti d’identità personale, ne
informo codesta Questura Per eventuali provvedimenti' “Da segnalare é una
lettera di Alfredo Leone, commerciante di Mercato San Severino, al Comandante
IL CONFINATO POLITICO COSTANTINO CATENA. Nei pensieri di Costantino
Catena da Ancona, figlio di Bonafede, e della sua compagna Rosina Giarletta
c'era sempre il mare. Simbolo di libertà e di spazi infiniti per i due
irrequieti coniugi. Come dovettero adattare questa loro costante aspirazione, nomen
- omen, dicevano i latini, con la monotona vita altavillese degli anni trenta, resta
ancora oggi un mistero. Fosse o no un confinato, le carte non lo dicono o
smentiscono, il fatto è che Costantino Catena per più di un decennio si àncora
(ancora una volta il mare) al nostro paese, partecipa alla sua vita più intima
e alla tragedia della guerra. Lavorerà alla costruzione della diga di Persano e
poi si trasferirà ad Eboli. Cercò come potè, nelle convulse giornate del
settembre del 1943, di far capire agli americani che ad Altavilla erano i
benvenuti e che dovevano far cessare i distruttivi bombardamenti. Andò sul
Muraglione a sventolare la bandiera bianca e “consegnò” in caserma (con il loro
consenso) l’ultimo simulacro “fascista” ancora presente in paese: un paio di
carabinieri.
PRESENZE DEGLI INTERNATI AD ALTAVILLA: Agosto 1940: Beniamino
Keller e la figlia Regina Settembre 1940: Beniamino e Regina Keller Ottobre
1940: Beniamino e Regina Keller Novembre 1940: Beniamino e Regina Keller, Desiderio
Grunhut, Jean Louis Dicembre 1940: Beniamino e Regina Keller, Desiderio Grunhut,
Louis Jean Gennaio 1941: Beniamino e Regina Keller, Desiderio Grunhut, Jean
Louis, Bernardo Zgur Marzo 1941: Beniamino e Regina Keller, Bernardo Zgur, Desiderio
Grunhut, Jean Louis, Paolo Calea , Aprile 1941: Beniamino e Regina Keller, Grunhut
Desiderio e Jean Louis Maggio 1941: Beniamino e Regina Keller, Desiderio
Grunhut e Jean Louis
Il 22 maggio del 1941 il
soggiorno degli ebrei ad Altavilla cessa. Le carte ci raccontano che tutti
vengono destinati verso diversi paesi del Vallo di Diano. Quale fu il loro
destino non è dato sapere. Ci piace restituire alla memoria collettiva la
traccia del loro passaggio per Altavilla Silentina.
I FATTI DEL 1943
L’episodio dei confinati segnala ancora la marginalità di
Altavilla rispetto alla grande tragedia della guerra mondiale in corso. Due
anni dopo invece il paese diventa l’epicentro dell’operazione “Avalanche”,
ovvero lo sbarco degli Alleati nella Piana di Paestum. Altavilla era
"Quota 424" il livello altimetrico della collina che guarda a
Paestum. Dall'11 al 17 settembre, la battaglia fu molto aspra in ogni parte del
paese. I morti civili furono più di settanta, mentre un'intera ala del cimitero
venne occupata dalle centinaia di salme di soldati americani e tedeschi. Furono
giornate intensissime, ne seguì un bagno di libertà, ma alto fu il prezzo
pagato per i bombardamenti e combattimenti che tanti morti fecero anche fra la
popolazione civile. Fred. L. Walker, comandante della 36a divisione Usa, il 24
settembre del 1943 annota sul suo diario: «Sono passato di nuovo da Altavilla
oggi. Le case sono distrutte, le strade sono bloccate dai detriti, c'è ancora
puzza di cadaveri. Il bombardamento di questa città, piena di famiglie
abbandonate, fu brutale, e senza alcuno scopo. La popolazione è poverissima,
inconsapevole, molto religiosa; tutta immersa in un immane dolore, con il
terrore sui volti». E’ il 24 settembre del 1943.
Nessuno ha ancora raccontato adeguatamente il gesto di
coraggio dell'allora parroco di Altavilla Silentina, don Domenico Di Paola. Al
culmine degli aspri combattimenti con i tedeschi, gli americani volevano
fucilare due abitanti. Arrestati e legati, dopo un processo più che sommario,
furono schierati in un angolo della piazza. Il plotone era pronto a far fuoco.
La loro colpa? Erano restati nelle loro case, non erano sfollati come tutti gli
altri, nascosti a poche decine di metri da dove un solo cecchino tedesco aveva
dato filo da torcere a molte decine di soldati Usa. Rodolfo Guarino spiaccicava
qualche parola di tedesco, appreso durante il servizio militare, mentre
Antonino Gallo era un credente della Madonna del Carmelo. Gallo non perse però
la calma: s'inginocchiò e pregò a voce alta la sua Madonna. Gli americani
rimasero sorpresi e non osarono interromperlo. Quei pochi minuti d’attesa
consentirono al prete di raggiungere la piazza e reagire. Don Domenico, da
cilentano sanguigno, pur senza comprendere una parola d'inglese, seppe farsi
capire ed essere convincente. I due malcapitati, grazie al coraggio del prete,
ebbero salva la vita.
[1] Il paese ha sempre
stimolato i romanzieri. Piero Chiara si ispira proprio alla vicenda dei
confinati politici ad Altavilla. Nel 1967 pubblica un romanzo, Il Balordo (Mondadori),
che vince il Premio Bagutta. Il protagonista di questo splendido romanzo di
Piero Chiara, il "Balordo" del titolo, è il musicista Anselmo
Bordigoni, o Bordìga, un uomo candido e grosso — alto quasi due metri e con la
faccia larga «quanto il tronco di un robusto bambino di cinque anni» — che vive
come un fungo in un paese affacciato su un lago ai piedi delle Alpi. La totale
apatia nella quale questa sorta di Gargantua ottusamente assente ha sempre
vissuto viene però improvvisamente interrotta, ai tempi del fascismo, da una
denuncia per malcostume che lo costringe al confino ad Altavilla Silentina.
Qui, divenuto famoso per la sua musica, sarà costretto a seguire gli Alleati
nella loro risalita della Penisola, punteggiando il suo cammino di improbabili
trionfi, fino a ritrovare il paese dal quale era stato cacciato, dove verrà
accolto in trionfo come perseguitato politico ed eroe di guerra, diventando il
promotore — naturalmente involontario — di un magnifico esperimento di democrazia
diretta. La sua avventura diventa così favolosa, ai limiti del grottesco, fino
a riflettere l'ignominia e l'innocenza di un mondo avviato, di balordaggine in
balordaggine, a consumare in modo sempre più dissennato sentimenti e valori. Il
libro è ancora in vendita negli Oscar Mondadori e costa 7.80€. Segue Antonio
Bennato con “Ho tirato i santi giù dal cielo”, edito da sempre da Mondadori, ha
raccontato le storie del seminario e poi è seguita la saga dei racconti, editi
da Moby Dick, di Francesco Di Venuta. Dall’esordio de “Il Fuoco della
Malannata” all’ultima opera: “Torrida Festa”, un giallo ambientato durante la
più lunga delle giornate che vive Altavilla: la festa di S. Antonio.
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