GIORNALI LOCALI. Ripensarne il ruolo ed innovare. una riflessione "Charlie" newsletter sull'informazione del "Post"
E quindi, la stampa locale?
Un po' di anni fa, a riflessioni e
preoccupazioni sul "futuro dei giornali" già avviate, circolò per un po'
la tesi che "a salvare i giornali sarà l'informazione locale": è un tic
che si ripete spesso, quello di individuare di volta in volta una
singola cosa che debba salvare tutto quanto, e fa parte a sua volta dei
meccanismi dell'informazione. Ma esagerazioni a parte, il ragionamento
era che con lo sviluppo dell'informazione continua e globale che faceva
perdere senso e ruolo alle testate maggiori e alla carta, quello che
sarebbe mancato sarebbe stata un'informazione di servizio più vicina
alle esigenze e alle vite quotidiane delle persone e alle loro comunità.
Ovvero la sensazione che internet e i social network possono
permetterci di avere continuamente news da mezzo mondo, ma ci lasciano
più soli e disinformati su quello che succede nei posti dove viviamo. E
che quindi ci fossero estese prospettive per progetti nuovi o per le
testate locali esistenti.
"La Città" quotidiano della provincia salernitana
Sono passati un po' di anni e quelle prospettive si sono molto
ridimensionate: la domanda per l'informazione locale non è risultata
così forte, e soprattutto sono mancate anche lì le idee per
"monetizzarla" - ovvero per tradurre in ricavi economici gli eventuali
interessi delle persone, che è il grande problema dei successi digitali
-, considerando che i bacini di riferimento sono pure più piccoli, sia
per raccogliere abbonamenti che per ospitare pubblicità efficaci. E
quindi i quotidiani locali soffrono, come tutti, e a volte più di tutti.
Però l'impressione è che siamo di nuovo in una fase di opportunità,
anche. La direzione in cui si stanno muovendo le testate più avvedute e
duttili è quella di cercare modelli di business fuori dal prodotto
giornale, sfruttando il migliore e peculiare capitale che hanno: il
rapporto col territorio cosiddetto e con le comunità. Si stanno facendo
già da un po' esperimenti in cui la testata organizza eventi,
formazione, progetti, partnership, rapporti con aziende, servizi
pubblici diversi, e "si occupa" dei cittadini approfittando della sua
forza di promozione e dell'autorevolezza locale del proprio brand: e
cerca di costruirne ricavi diretti, oppure di usarli per indirizzare i
lettori ad abbonarsi (soprattutto alle edizioni digitali) e gli
inserzionisti a comprare spazi pubblicitari.
Sono progetti interessanti, e anche molto attraenti per le città e le
comunità locali, e hanno due limiti: uno riguarda le startup
giornalistiche che potrebbero nascere con costi minori e agilità
maggiori ma che ovviamente partono deboli
sul capitale più importante, la forza del brand e la presenza sul
territorio, che ha bisogno di tempo e investimenti. L'altro limite
riguarda invece i giornali più radicati che hanno però ancora strutture
molto costose, soprattutto dal punto di vista delle persone impiegate
con accordi da tempi migliori, strutture che avrebbero bisogno di forti
contrazioni difficili da praticare per ragioni contrattuali prima ancora
che sociali. E questo ha ricadute anche sul ricambio generazionale
all'interno di quelle redazioni, che sarebbe prioritario per portare
progetti, approcci e motivazioni nuove dentro giornali che hanno bisogno
di ripensarsi molto.
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