BUSSENTO. Il tesoro di Alarico il più fantomatico che ci sia, ma ora c'è chi lo sposta nel Cilento



Quel tesoro lo voleva anche Himmler. Nel 1938 il capo delle Ss, visitò Cosenza e la zona di Vadue ma presto si rese conto dell’infondatezza delle notizie e tornò a casa deluso. Venticinque tonnellate d’oro e 150 d’argento, oltre a gioielli, monete e preziosi di ogni tipo. Se lo port6ò appresso Alarico, il re dei Visigoti, in fuga da Roma verso sud, quando morte lo colse e fu seppellito con il suo cavallo e l’intero bottino alla confluenza dei fiumi Crati e Busento, a Cosenza. La leggenda vuole, sia rimasto sepolto dal 410 dopo Cristo fino ad oggi. Mai ritrovato. Il più grande tesoro perduto della storia dell’umanità. Leggenda vuole, si sempre quella, che per scavare la tomba il fiume venne temporaneamente deviato e che tutti gli schiavi coinvolti nei lavori vennero uccisi per impedirgli di rivelare il luogo preciso del bottino. Un mistero che continua ad affascinare, e che probabilmente rimarrà tale per sempre. Dopo averla saccheggiata, Alarico abbandonò Roma agli inizi dell’autunno, per dirigersi verso l’Italia meridionale: conduceva con sé, oltre a enormi ricchezze, anche un ostaggio prezioso, la sorella dell’imperatore Onorio, Galla Placidia. I Visigoti devastarono la Campania e la Calabria, saccheggiando e radendo al suolo Capua e Nola; giunti allo stretto di Messina, decisero di costruire una flotta per tentare l’invasione della Sicilia e dell’Africa; il loro piano, tuttavia, fallì quando una tempesta distrusse la loro flotta durante il tentativo di traversata dello stretto. Alarico si spense poco tempo dopo in Calabria, a Cosenza, venendo sepolto con tutto il suo tesoro nel letto del fiume Busento. Nel 2015 venne annunciata la prima «caccia al tesoro» con la bonifica degli argini del fiume Busento e le ricerche con droni, georadar, telerilevamento e prospezioni geofisiche alla ricerca del sito archeologico. Poi nel 2016, è arrivato da Roma, dal ministro Franceschini, il no agli scavi per mancanza di prove. Oggi c’è chi, nel Cilento, pensa ad un errore nella trascrizione nei testi delle fonti antiche, e che aggiungendo un’altra “s” eccoci sulle rive del Bussento, dalle parti di Celle di Bulgheria, con i cilentani pronti a disputare ai calabresi quel, fino ad ora fantomatico, tesoro perduto.

LA STORIA. Alarico era di ritorno dall’assedio di Roma con un enorme bottino. Si narra che dalla città Caput mundi siano stati trafugati tesori di ogni tipo, dalla Menorah di Mosè sino agli ori dell’imperatore Tito. Beni dal valore inestimabile che, secondo tradizione funeraria dei Goti, sarebbero sepolti assieme al loro re in un luogo inaccessibile, ovvero il letto del fiume Busento, dove il barbaro morì improvvisamente mentre si dirigeva forse in Africa. Prima si pensò al Busento, che scorre nei dintorni di Cosenza. Da qui le attenzioni si sono spostate sul cilentano Bussento. Niente caccia al tesoro finanziata con soldi pubblici. Il ministero dei Beni culturali fu chiaro e l’ordine arrivò perentorio. Il tesoro di Alarico è una leggenda e la soprintendenza di Cosenza non doveva spendere uomini e mezzi per dare la caccia ai fantasmi.
Peccato che per storici e storiografi il tesoro sia poco più di una leggenda e non esista traccia attendibile della sepoltura del re dei Goti in Calabria. L’unico a parlarne - ricordano - è Jordanes, che a 150 anni dalla morte di Alarico riprende quanto scritto al riguardo da Cassiodoro. Un po’ poco, sostiene la comunità scientifica, per dare il via a una fantasiosa campagna di scavi.

Una bocciatura senza appello, che ai cosentini non è andata giù. Ed ecco, a questo punto, spuntare all’attenzione generale Angelo Raffaele Amato, scrittore, storico e numismatico. Nel suo libro ‘’Il tesoro di Alarico’’ cerca di dimostrare l’ipotesi che il sepolcro di Alarico si trovi proprio nel Cilento. ‘’Il mio scopo è quello di estirpare dalla radice la credenza errata e insensata che la tomba di Alarico fosse stata scavata nel fiume Busento, nei pressi di Cosenza e di ritrovare tracce del passaggio dei Visigoti nelle valli del fiume Bussento, per facilitare la ricerca della tomba di Alarico e del suo favoloso tesoro‘’. Due le argomentazioni di Amato. Il sepolcro può trovarsi nel Bussento di Policastro e non nel Busento, motivando la mancanza della doppia ‘’s’’ come un errore da parte di copisti. Lo studioso aggiunge anche una spiegazione storica come prova dell’inesistenza del sepolcro presso Cosenza: Alarico non aveva interessi a spingersi lì poiché era a corto di armamenti e non avrebbe potuto far alloggiare il proprio esercito, questo sarebbe stato possibile invece nell’ampia valle tra il Bussento e il Mingardo. Amato la sua teoria l’ha esposta nel suo libro ‘’Il tesoro di Alarico’’ che riscopre quello scritto da Don Luigi Tancredi, studioso di storia, esposta nel testo ‘’Alarico, re dei Visigoti- la localizzazione del sepolcro e del tesoro’’, il testo uscito nel 1982 passò inosservato per la convinzione dei cosentini che il tesoro di Alarico fosse sepolto nei propri territori. Tancredi allora non se lo filò nessuno.

Fino a pochi decenni fa tutto ciò che si sapeva sul sepolcro di re Alarico era presente all’interno dei versi del poeta August von Platen, tradotti da Giosuè Carducci, che localizzavano la sepoltura del re goto in Calabria, presso Cosenza dove scorre il fiume Busento. Oggi questa ipotesi è stata però affiancata da un’altra possibile strada secondo cui è nel Cilento che va ricercata la regale tomba. Questa zona, quella del golfo di Policastro, è percorsa dai Visigoti per dirigersi al sud, ideale per lo stanziamento dell’esercito ed era conosciuta per la sua fertilità. Con ogni probabilità i Goti dovevano imbarcarsi per la Sicilia per poi raggiungere l’irresistibile Africa, conosciuta per la sua immensa ricchezza dovuta alle estese pianure coltivate a grano e la moltitudine di monasteri e chiese. Come per la Calabria tale tesi però non è stata mai confermata da scavi nella zona. La contesa storica tra cilentani e calabresi non è giunta al termine e nell’immaginario collettivo il tesoro di Alarico costituisce un enigma. Ad oggi è difficile affermare con certezza se il tesoro si trovi se nel Busento in Calabria o nel Bussento nel Cilento. Trovarlo sarebbe una delle più grandi scoperte degli ultimi tempi. La leggenda del tesoro di Alarico ha interessato anche i media nazionali. Roberto Giacobbo, noto divulgatore scientifico, da anni alla conduzione della trasmissione “Voyager”, ha realizzato una puntata del programma viaggiando nei luoghi in cui si pensa che il re dei Visigoti possa essere stato sepolto insieme al proprio destriero e parte del bottino frutto del sacco di Roma del 410. Il “Time” ma anche tanti altri giornali internazionali e le tv di tutto il mondo addirittura qualche mese fa dedicarono reportage, inchieste e pezzi a questa straordinaria leggenda avvolta nel mistero.

Una storia che ha affascinato Dumas, Carducci e Liuccio 

Anche Giuseppe Liuccio s'interessò alla questione 



La storia di Alarico, tra mito e leggenda, la sua storia ha attraversato i secoli ed è giunta fino ai nostri giorni pregna di curiosità che, da sempre hanno mosso l’interesse di intellettuali, studiosi, politici, gente comune, ispirando i versi di Dumas, Carducci e dei più grandi vati.

"Cupi a notte canti suonano

da Cosenza su’l Busento,

cupo il fiume li rimormora

dal suo gorgo sonnolento.

Su e giù pe ‘l fiume passano

e ripassano ombre lente:

Alarico i Goti piangono

il gran morto di lor gente"

(da “La tomba nel Busento” tradotta in italiano da Giosuè Carducci, dalla poesia di August Graf Von Platen). Nel 1835 Alessandro Dumas, in viaggio in Calabria, ebbe modo di parlare della cosiddetta “febbre d’Alarico”, una sorta di febbre dell’oro che colpì i cosentini: “… Il fiume era completamente prosciugato, e l’acqua era scomparsa, senza dubbio in qualche voragine che s’era aperta tra la sorgente e la città. Una folla di persone che faceva degli scavi sulla autorità di Jordanes, che racconta i ricchi funerali di questo re.I sapienti cosentini, nella loro ammirabile venerazione per l’antichità, si lascino mai abbattere dalle delusioni successive che hanno provato".Anche al poeta e scrittore Giuseppe Liuccio della vicenda. Per lui è a Caselle in Pittari ma premettendo il giusto scettisismo e le cautele del caso. “C’è chi favoleggia che ne conservi anche il tragico segreto della fine di Alarico, che vi trovò volontaria morte con cavallo e tesoro. La leggenda non ha il supporto del rigore della storia, ma è ugualmente ricca di fascino e di mistero. Sono miti e leggende, paure e misteri legati al fenomeno carsico, che qui è frequente”.


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