IO, VITTIMA DELLA VESPA FOLLE, COME STO?

 


Sopra: il giornalista e scrittore Curzio Matese. Tre anni di stop per un menigioma e "Repubblica" voleva licenziarlo . Sotto: Oreste Mottola



Io ho avuto un ho un tumore benigno di quasi 5 centimetri sulla parte sinistra della testa. Per chi come fa fa un lavoro di natura esclusivamente mentale è una mazzata terribile già il solo saperlo. Spero di spiegarvelo usando anche le parole di altri.  Il 28 settembre 2018 uno dei giornalisti e scrittori più brillanti di “Repubblica”, Curzio Maltese, faceva comunicare ai suoi lettori lo “stop” ai suoi articoli affidandosi ai versi di Paul Verlaine. Se la speranza brilla come un filo  di paglia nella stalla perché temi la vespa ebbra del suo volo folle?” La vespa folle ha un nome tecnico, meningioma. Io mi fermo agli inizi di maggio del 2019,. Per la verità, accanto ad altre cose che trovate descritte in un ampio capitolo del mio libro: “Fiumi, briganti e montagne” che, significativamente si intitola “Vivo e scrivo”, provo a raccontare il mio “ora”..  La paura maggiore che ho avuto dopo l’operazione chirurgica  nell’ospedale di Vallo della Lucania ha investito proprio le mie capacità di scrittura, le prime prove le ho affrontate già dopo una settimana con manoscritti senza pretesa. Dopo tre mesi mi dimettono e torno a casa, mi concedo qualche altro mese di convalescenza  dopo di che mi rimetto davanti al computer. Cammino con difficoltà, non ho forza nei muscoli. Io che non sono Curzio Maltese già agli inizi dell’autunno 2019 tornerò a scrivere. Noto da solo che ho delle amnesie: per esempio non so più utilizzare il “sistema  editoriale” del giornale, ho dimenticato le password. Poco male, tornerò ad usare i comuni programmi di videoscrittura. Dopo sei mesi più o meno eccomi alla normalità. Il grande Curzio Maltese ci mette di più, tre anni e qualche mese. E’ il 16 luglio 2021 quando ai lettori annuncia: Eccomi qui, di nuovo, dopo tre anni. Un intervento alla testa mi ha ridotto alle corde e ho dovuto ricominciare a camminare, parlare e scrivere. È stato ed è un percorso complesso ma oggi mi sento pronto a tornare tra le persone. Ancora con alcune difficoltà, ma felice di esserci. In questo ultimo anno ho cominciato a scrivere per Repubblica,..”.   In quattro righe ha descritto tutto,  chapeau. Però lui ci ha messo tre anni per pensarci. Un’altra domanda che spesso mi è stata fatta è relativa al fatto se mai mi fossi accorto in passato di eventuali sintomatologie e se di esse avessi eventualmente riferito al mio medico curante. Rinvio ancora una volta a ciò che ho già descritto nel mio libro. Questione semplice: la malattia è quasi asintomatica  (negli ultimi due anni abbiamo tutti familiarizzato con il termine, io però non non lo sapevo e tutto ciò che mi capitava lo “leggevo” sotto il segno della senilità incipiente, vecchiaia in arrivo. Poi c’era una questione tecnica che faccio spiegare a un professore della materia.  “La bassa incidenza e il fatto che abbiano un inizio difficile da individuare – parla Andrea Talacchi, direttore della UOC di Neurochirurgia presso l’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma – ne rende complicato il riconoscimento per un medico curante di base, che tra le sue poche migliaia assistiti può essere che ne veda tre o quattro nell’arco di tutta la sua carriera professionale”.  La mia fortuna è stata di essere “svenuto” in un Pronto Soccorso e qui, senza leggere e scrivere, mi hanno sottoposto ad una Tac, l’unico esame (insieme con la risonanza magnetica) capace di rivelare il meningioma. Smetto di raccontare e mi affido alla testimonianza di un collega umbro, Giuseppe Silvestri, che il 13 luglio 2021 sull’edizione on line del “Corriere dell’Umbria”, racconta la sua odissea. Silvestri dice che poi ci scriverà un libro, io ci ho ricavato solo un capitolo, perché quando ero “ospite” di quello straordinario nucleo di medici ed infermieri (non smetterò mai di dirne tutto il bene possibile) non prendevo appunti o tenevo memorie perchè il mio unico pensiero era di agguantare la mia vita, che era tutta lì fuori. Torniamo a Silvestri, giornalista di razza. Inizia così: “La mia vita sconvolta da un tumore benigno cerebrale e la sua asportazione resa possibile grazie a professionisti da favola”. Giuseppe racconta anche i “sintomi” premonitori:”Comincio ad accusare uno stato di malessere complessivo che peggiora ogni giorno: giramenti di testa, mancanza di equilibrio, nervosismo, fisse mentali”.  Io potrei aggiungerci anche qualche svenimento. E le angustie professionali (leggi le coltellate che in quel periodo più di altri ricevevo). In ospedale eccomi ai colloqui con i medici, propedeutici alla “firma” di consenso che verrà chiesta  ai “parenti più prossimi” (che poi dopo - ad esito più o meno infausto - nessuno si sogni di fare causa ai medici o all’Asl, questa è la cosiddetta “medicina difensiva” - io non ci capisco niente e passo anche sopra all’annuncio che forse non camminerò più o che le mie facoltà mentali ne possano risentire…). Sentiamo il racconto di Silvestri al quale un medico dice: “Ho individuato un tumore al cervello, probabilmente benigno. Se è disponibile non perdiamo tempo e approfondiamo già ora con liquido di contrasto”. Lui commenta: “Impossibile spiegare cosa provo: il mio mondo frana”.  Con me furono più “dolci”: “se operiamo possiamo darle qualche garanzia, altrimenti potrà vivere (come non lo sappiamo) qualche altro giorno, mese, forse pure - ma stando sempre peggio - qualche decennio". Realizzato - con me stesso - che stavo davvero male, troverò la spavalderia di richiedere io stesso di “andare sotto i ferri”. Faccio mie altre considerazioni del giornalista umbro: “I professionisti veri e decisi mi sono sempre piaciuti e nemmeno rifletto”. Sentenza: meningioma di mm 48 x 46 x 43. La diagnosi mi viene consegnata a mano”.   A me viene anche mostrato un “esame istologico” (mai avrei pensato di vederne uno mio) che parzialmente mi rassicura sulla natura “benigna” del  problema. La settimana che precede l’intervento è durissima. La testa gira sempre più. Anche la stanza che mi ospita. Mi faranno prendere dei farmaci a base di cortisone, ma i veri problemi sono pensieri, riflessioni, analisi continue su cosa e come ho fatto durante la vita, paura, speranza, voglia di lottare. Dormo meno di due ore a notte. E poi quelle medicine con nomi giapponesi mi ricorderanno l'ultima malattia di mio padre. Paure su paura. Finalmente si va in in sala operatoria. Due domande dell’anestesista e dormo. Quasi nove ore di intervento chirurgico. E tutta la giornata successiva starò in Rianimazione. Quello che poi ho passato l’ho raccontato nel libro. Comunque l’intero mio 2019 è da incubo, sono un libero professionista senza tutele, non guadagno niente. Zero indennità. Bugia, però riagguanto la vita. Non è poco!  Faccio il giornalista da quando avevo più di vent’anni. I miei maestri (quelli ai quali ho rubato il mestiere) mi hanno insegnato che le storie vanno raccontate senza giri di parole. Spero di esserci riuscito con l’aiuto anche di Curzio Maltese. Grazie di cuore a tutti coloro che mi sono stati accanto in questa prova terribile della mia vita e mi scuso con chi allora mi ha scritto con tanto affetto ma non ero in grado di rispondere.

La vita è sempre bella. Buona giornata a tutti!

Oreste 



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