BATTIPAGLIA, 1953. Lorenzo Rago. Fu omicidio politico? L’ipotesi non ha mai convinto…









Rago? “Era un modesto proprietario di terra, ma grande affittuario di terreni dei Comune di Eboli, terre che egli ha migliorato, pagando tuttavia al Comune canoni irrisori”. E’ quello che scrive Rocco Scotellaro. La pista della politica locale in rapporto alla sua sparizione è quella che dura di meno. C’è stata un po’ di maretta in consiglio comunale, qualcuno ha cercato di promuovere una mozione di sfiducia. Ettore Messana pensa sia stata ispirata dai comunisti di Battipaglia. Costerà il “fermo di polizia” ed una perquisizione per Michele Positano, di professione autista, fratello di un assessore comunista, e per Antonio Stellaccio. Non gli furono fatte le scuse per il disturbo arrecato. Così come accadrà anche al panettiere Giacomo Mastrangelo. Ad un comunista, il 25 maggio del 1948, Renato di Moncharmont, che a dispetto del cognome aristocratico era un ferroviere, Lorenzo Rago successe come primo cittadino, carica che ricoprì fino al giorno della sua misteriosa scomparsa, avvenuta il 20 gennaio 1953. Per la verità c’era anche stato un breve periodo (24/3/52 - 2/7/52) di gestione commissariale, assicurata da Varriale. E dopo un’altra breve reggenza dello stesso Varriale, successe nella carica di Sindaco, il 13 aprile del 1954, il democristiano Antonio De Vita. Racconta Giovanni De Luna: “Si ventilò l’ipotesi di una pista politica: era l’anno della «legge truffa», il clima era teso, Lorenzo Rago era stato prima monarchico, poi dell’Uomo Qualunque, poi socialista, sempre portandosi dietro i voti di una vasta clientela plebea e piccolo-borghese”.
LA POLITICA. “L’ipotesi è scartata dalla polizia perché il sindaco, uomo ponderato e calmo, non si era mai dedicato con passione ad una fede politica. Egli era passato dalle fila del qualunquismo al socialismo ma non nascondeva, anche in pubblico, sentimenti monarchici. Per la sua prodigalità non aveva nemici ed era anzi ben visto dalla popolazione, abituata a generse elargizioni nei momenti di bisogno”
Una persona saprebbe dov’è sepolto e chi ha ucciso Lorenzo Rago: è Aniello Castellano, ex assessore socialista, vicesindaco all’epoca della misteriosa sparizione. Ma non è preso sul serio da nessuno. Anche perché quando è chiamato a deporre dagli inquirenti non riesce a fornire elementi concreti. Una volta indicò come sua fonte Michele Tafuri, uno squilibrato di Capaccio che una mattina, armato di fucile, salì sul campanile di una chiesa e cominciò a sparare sulla gente. In seguito Tafuri cominciò a scrivere memoriali e si occupò anche di Rago. Anche un altro assessore di Rago, Gennaro Orsomando, sa qualcosa. Indica l’ambiente politico come colpevole dell’assassinio. “Nessuno, dico nessuno, aveva interesse che Lorenzo tornasse in vita”, dice ai giornalisti riferendosi al primo periodo di indagini. Perché?
Per la verità era la Dc locale che scalpitava contro quello “strano” sindaco che manteneva in piedi un’amministrazione comunale davvero atipica. Ci sono le urgenze post-belliche che reclamano un quadro politico più moderno ed omogeneo a quello nazionale. C’è il Piano Regolatore da approvare e i terreni da togliere ai latifondisti per ricavarne dei poderi. Fra chi doveva “lasciare” c’era la famiglia Rago, più Fiorentino che Lorenzo, come si è già potuto vedere. Lorenzo Rago invece doveva solo “mollare” un po’ di voti.
L’orizzonte politico nazionale fa il resto. La Dc fa approvare la cosiddetta "legge truffa ", ideata da Mario Scelba e Alcide De Gasperi in vista delle elezioni del 7 giugno. Lo scontro politico si radicalizza. Per la sinistra essa equivale a un colpo di stato legalizzato, per quel un vistoso premio di maggioranza, la coalizione di centro al potere incondizionato. In pratica l'alleanza di partiti che riuscirà ad ottenere il 50 % dei voti si aggiudichera' il 65 % dei seggi alla Camera. Il 26 marzo, fra le proteste delle sinistre, viene approvata una legge che eroga la pensione agli ex agenti della milizia fascista. E’ altra benzina gettata sul fuoco. Alle elezioni del 7 giugno, grazie anche a una grossa mobilitazione popolare, i partiti di centro coalizzati non raggiungono il 50,01 % (mancano soltanto 50.000 voti), che con il meccanismo derivante dalla "legge truffa ", avrebbe garantito la concentrazione e la continuita' nel potere alla DC . Il conteggio dei voti si protrae tanto a lungo da far pensare che qualcuno abbia premuto per far scattare la legge a tutti i costi. La DC perde 2 milioni di voti. Nelle piazze continuano gli scontri fra i manifestanti e i reparti “Celere” del ministero degli Interni.
A livello locale? I lavori di bonifica, quelli che cambieranno il volto della zona, sono ancora in pieno svolgimento. Li racconta Rocco Scotellaro, che dedica una parte della sua “Contadini del Sud” proprio a Battipaglia ed alla Piana del Sele. E’ il primo esperimento di “sociologia rurale” italiano e lo scrittore-poeta lucano è qui giusto pochi mesi la misteriosa scomparsa del sindaco Rago: “… Hanno costruito alcune borgate rurali e molte stalle, hanno sistemato una vasta estensione di terreni; hanno largamente sostituito alle antiche colture tradizionali, cerealicole e zootecniche, le moderne e industriali del tabacco, del pomodoro della barbabietola da zucchero.
Niente o quasi niente e invece mutato nei rapporti tra proprietà e lavoro, mentre l' impresa della terra si e associata all' impresa industriale e i nomi dell'onorevole Carmine De Martino e dell' ingegnere milanese Bruno Valsecchi, figlio di Antonio, stanno dietro alle Società anonime (la Saim, Società anonima industrie meridionali costituita per la grande concessione di tabacco, del De Martino; la Sab, Società anonima bonifiche, dell' ing. Valsecchi, un uomo che non nasconde le sue intenzioni: egli non è un benefattore del Nord egli investe nell' acquisto di terra e nella trasformazione fondiaria, sussidiata dallo Stato, i larghi profitti delle tante opere pubbliche eseguite dalla sua azienda). La Saim (De Martino) arriva fino al Tusciano e confina con la Sab (Valsecchi con 800 ettari) che si trova oltre questo fiume. L' assoluta maggioranza della superficie coltivabile della bassa valle del Sele è nelle mani dei grandi proprietari capitalistici e dei grossi affittuari (oltre a De Martino e Valsecchi, i fratelli Pastore, i fratelli Scaramella, il senatore Mattia Farina e figli, il principe Colonna, i fratelli Alfano, Conforti, Mellone, Garofalo ecc.).
Bisogna dire che non sono i soliti padroni meridionali, conosciuti come assenteisti; sono degli abili imprenditori, fatti audaci e sicuri dai profitti delle produzioni di pomodoro o di tabacco e degli allevamenti zootecnici. (…).
I contadini sono, nella grande maggioranza, compartecipanti e salariati fissi e avventizi. Questa antica realtà sociale non è affatto mutata, ed esiste tuttora nelle zone a vigneti, nei pressi di Eboli, il vecchio rapporto tra il direttario e l'utilista, denominato "la quarta ebolitana", per cui l'utilista, che è il contadino, che ha praticamente impiantato la vigna e gli alberi da frutto, deve corrispondere al direttario un quarto del prodotto.
Una volta gli avventizi scendevano nella piana, durante le lavorazioni stagionali per la semina e per il raccolto, dalla collina ebolitana e dai monti di Capaccio. in "compagnie", pigiati nei carretti; oggi scendono le ragazze per la raccolta dei pomodoro e del tabacco, pigiate anche esse nei camion. Resta il problema del ripopolamento della Piana, perché le opere pubbliche sono ancora insufficienti e a causa degli immutati rapporti sociali. Lentamente si popola la pianura che fu abbandonata, più che per le invasioni barbariche dal mare in seguito all'abbassamento del terreno lungo la fascia costiera (…)Il ripopolamento della Piana data, tuttavia, dal 1857 allorché il governo borbonico, che già, per un rescritto di Ferdinando II, aveva iniziato opere di bonfica con le colmate dei terreni più depressi mediante le torbide dei fiumi, stabilì in 120 case alcune centinaia di persone scampate al terremoto di Melfi. Era questa la prima colonizzazione e quelle case formarono il primo nucleo di Battipaglia, nuova cittadina che conta oggi 16.000 abitanti e che pare lo specchio di certi aggregati agricolo-industriali del Settentrione con le sue case recenti di un secolo e recentissime perché ricostruite dopo questa guerra.
Dalle prime colmate là dove le acque mangiavano il terreno, è passato quasi un secolo: sono opera recente la diga, i canali di irrigazione, i colatoi per la raccolta delle acque di scolo nel terreni sottostanti all'estrema fascia dunosa, gli idrovori del torrente Asa, dell'Aversana, della Foce del Sele, che sollevano l'acqua e la versano in mare, e i canali di dispensa delle acque alle aziende, sopraelevati, di cemento, ma che sembrano di legno come truogoli cavati con la scure nel tronco delle quercie, uniti tra loro, e i canali con gli argini, che le squadre degli operai passano a pulire dell'erba alta. E qui nella piana tutto ancora bolle: ci sono gli acquedotti rurali, ma più importanti sono i pozzi; c'è la luce elettrica, ma più numerose sono le case di campagna con l'illuminazione a petrolio, ad acetilene, a candela; ci sono i canali di cemento, ma anche quelli in terra e i fossi, i pantani, i 'tonzi' per la bufala; i pascoli si trovano in mezzo ai terreni coltivati e nel Campoluongo, e il travertino affiorante nella zona di Paestum .
L'industria, che è giovane e appare solida nelle mani degli stessi terrieri, concorre ad animare l'ambiente sociale. Della Saim (De Martino) sono gli stabilimenti per la lavorazione (essiccamento e imballaggio) del tabacco a Picciola (Pontecagnano), a Fiocche, a Persano, a Santa Lucia (Eboli), a Santa Cecilia (Battipaglia); un conservificio e un caseficio a Battipaglia; una filovia da Battipaglia a Mercato San Severino, che dicono una delle più importanti d'Europa, estesa per un tratto di circa 80 chilometri. Della Sacer (Valsecchi) uno zuccherificio. Molte sono le fabbriche conserviere: di Cirio, Baratta, Garofalo, Rago. (…) Numerosi sono i caseifici per le mozzarelle e le famose provole affumicate, i pastifici, i mulini moderni e imponenti, i bar; nuovi sono i cinema di Eboli (…) Dai centri abitati si stende alla campagna una costellazione di case coloniche, diversissime tra loro, senza pretese, gialle o bianche di travertino o di pietra calcarea, oltre il viale di pioppi della grande strada asfaltata, la Tirrena. Da Battipaglia si scende per questa strada verso il mare e si attraversa il Campoluongo dove la bonifica fa ancora la figura che fanno le rose davanti ai templi di Paestum. Nel Campolungo le stradette sono polverose e bianche e il silenzio è rotto, nelle grandi chiazze del pascolo, dal muggire delle bufale nere. (…)”.
Sono quelle stesse stradette, dove c’era una siepe alta due metri, che la notte del 20 gennaio 1953, qualcuno cambiò le carte in tavola a Don Lorenzo Rago.

Oreste Mottola orestemottola@gmail.com


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