Io altavillese. Davanti a S. Egidio

Ripercorrere alcuni momenti della storia della comunità dove sono nato è il mio vero hobby. Immagino una domenica mattina qualsiasi degli anni Cinquanta, con uomini giovani schierati davanti al portone della chiesa di S. Egidio per vedere uscire le giovani donne che passano via veloci, magari con gli occhi bassi e senza dare a vedere dove buttavano lo sguardo. Si seguiva l'amata per strada, la si spiava sotto le sue finestre e ci si cercava con gli occhi. Le serenate servivano a dichiararsi ma lei aveva l'ultima parola: il no arrivava con una secchiata d'acqua o nel lasciare chiuse le finestre. Gli anni Sessanta, il boom economico, l'emigrazione, il sessantotto e la minigonna arrivano e cambiano tutto. Quella zona diventò anche lo scenario preferito da tante giovani coppie: c'era sempre la scusa di una visita a S. Egidio! Sera del 23 novembre 1980: la terra trema, e giù dalla Chiesa Madre vengono via pezzi di cornicione e le ferite si mostrano evidenti. Tutti scappano. Don Domenico Di Paola, rimane lì, immobile ed attonito, quasi a presidiare fisicamente la "sua" chiesa. Quella data, e dovremo tornare meglio a rifletterci, segna l'inizio del ciclo di quella "Altavilla da bere" dove l'arricchimento facile da lavori pubblici mai completati con l'uso disinvolto dei fondi per la ricostruzione post - sisma, "cementa" (è proprio il caso di dirlo) la formazione di un ceto politico gaudente, pasticcione ed anche con tratti d'immoralità, gli effetti del quale (anche con il crescere della malapianta del campanilismo) il paese sta ancora pagando. Voglio però parlare d'altro. Del ruolo unificatore e di coscienza morale di una comunità svolto da don Domenico Di Paola. Altrove ho ricordato il suo coraggioso comportamento durante l'ultimo conflitto mondiale. Nella sua Canonica dove è cresciuta la lunga tradizione teatrale altavillese. Prima ancora viene l'opera assistenziale. Tutto quello che ricavava dalle offerte a S. Egidio nel giorno dei Defunti (grano, olio, granoturco, ecc.) andava ai poveri del paese. Don Domenico, che d'ogni altavillese aveva celebrato i momenti fondamentali, metteva a frutto - sempre a fin di bene - questa conoscenza minuta di tutto e tutti. Interviene nelle vicende familiari (separazioni, fidanzamenti a rischio, ecc.) ed erano celebri le "raccomandazioni" date agli sposi nel loro giorno più solenne. Usava anche il funerale per ricordare a tutti le virtù, solo se c'erano, dello scomparso. Era a fianco di tutti. Ci faceva sentire quel che oggi stentiamo ad essere, una comunità.

OreOreste Mottola

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