VISTI DA VICINO 3/GIAMBATTISTA VICO A VATOLLA




[2009. VATOLLA orestemottola@gmail.com RIPRODUZIONE VIETATA] L' ultimo sabato sera l’ho passato a Vatolla, all’interno di Palazzo Vargas. “Vieni, ti conferiamo un premio speciale”, tre giorni prima mi chiama Lorenzo Barone, un collega agropolese. “Onoriamo la memoria di Giovanni Farzati. Ti abbiamo assegnato targa e pergamena per la carriera”. Io sono ancora giovane e poi la carriera dov’è?, ribatto. Siccome alla vanità non si fugge… un’ora d’auto ed eccomi qui nel maniero dove Vico filosofeggiò alla grande. Farzati: sindaco di Perdifumo e avvocato prestigioso. Lo conobbi nel 1993, mi diede notizie del passaggio cilentano di Ettore Majorana. Le grandi lapidi murate sulla facciata del castello, al colto e all’inclita raccontano che ci visse, dal 1686 al 1695, il grande pensatore napoletano. Arrivò che non era neanche un paglietta fatto ma un avvocatino, uno dei tanti, senza soldi e pure mezzo tisico. Lo portò un vescovo – colpito dal sapere e dalla sua seriosità ed austerità - che cercava un precettore per i quattro figli di suo fratello che abitavano ai confini del mondo. A Vatolla. Vico restò per nove anni e più che far studiare i nipoti del prelato, studiava lui. I libri li prendeva nella biblioteca del vicino convento della Pietà e andava a leggerseli all'ombra del grande ulivo che è ancora lì. Scandagliava i labirinti del pensiero e cercava risposte alle solite domande difficili. A Giulia Rocca, la bella allieva di cui era segretamente innamorato, dedicava versi difficili che lei diceva di non capire. “Non fu solo "L'aria purissima" di Vatolla che guarì i tuoi polmoni malati. "La Scienza Nuova", il monumento del tuo pensiero, nacque sotto la spinta dell’amore per la bella guagliona cilentana. Quando Giulia andò via, sposando un giovane rampollo di Omignano, tosto a soldi terre ed animali, tu filosofo alla pari parco mangiare spartano alloggio e paga di pochi soldi ci rimanesti male male. Te ne tornasti a Napoli, dove le “Giulie”, come poi fu per quelle dell’Alfa Romeo, erano tante di più”. Queste avventure – che mi racconto da solo- durante l’ascolto dei discorsi ed i versi declamati, durante la mesta cerimonia, da volenterosi poeti. Accanto c’è la nuova biblioteca vichiana, è nei pressi che sosto, penso che anch’io ho vissuto per decenni, “in un castello ai confini del mondo”, nella mia Altavilla - Macondo, alle prese con più d’una “Giulia Rocca”, per le quali non ho scritto poesie e mal me ne incolse, che quelle poi mi lasciavano per “giovani rampolli”, anche stranieri ma mai di Omignano. Dalla sala principale mi chiamano in scena, ed “esco” dal mio film. Davanti al microfono enuncio un discorso di ringraziamento, per “il premio”, che faceva quasi piangere. Corsi e ricorsi storici: solo io, Giulia Rocca e Giambattista Vico sapevamo a cosa s’era rimuginato nella lunga serata al Castello Vargas!.

Oreste Mottola

Davide Pacifico

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