VISTI DA VICINO/ 2 - LE STORIE DI PIAGGINE




 

PIAGGINE, C'ERAVAMO TANTO AMATI prima parte di un lavoro da completare

A Piaggine ci arrivai con un bus della Sita. E un borsone con poche cose ma tante aspettative. Avrei fatto l’operaio forestale in forza a una cooperativa. Alloggio in una casa che solitamente andava agli insegnanti fuori sede del magistrale. Riccardo “il rosso”, per via dei capelli, c’era già. Il cantiere, su a Sacco, aprirà dopo qualche settimana, quel tempo che avanzava lo spendemmo per scoprire dove eravamo e quei paesi, Sacco e non solo, che mi erano sconosciuti. La vicenda di Giovanni Marini, il giovane accusato di avere avuto un ruolo da protagonista in un odioso fatto di sangue a Salerno, che tante battaglie aveva provocato a Salerno, nel capoluogo di provincia che aveva scoperto il Sessantotto che era arrivato anche nella propria università e nelle altre istituzioni. E Marini era di Sacco. Gli amici di Marini girarono tutti i nostri paesi per scrivere sui muri slogan accettabili e comprensibili: “Marini libero”, “Marini innocente” (il fatto del quale era accusato non fu mai davvero chiarito) e altri francamente inaccettabili tipo “Uccidere un fascista non è reato”. Non è qui il caso di continuare la discussione nel merito, ciò che voglio dire che anche nelle realtà più remote, credo perfino nella remota Pruno, fu portata una dialettica politica – propria della città – ma favorita dalle circostanze delle origini paesane di Marini e del lungo servizio da carabiniere a Sacco del papà di Falvella. I pochi comunisti e fascisti dei paesi presero a litigare ferocemente nei bar e i democristiani locali – senza far niente – spiegarono cosa intendevano per “opposti estremismi”.
“Confesso che ho vissuto”, scrisse uno molto più importante di me. Nei limiti della mia condizione sociale, di dove sono nato e dell’istruzione alla quale ho potuto avere accesso, il mio ho cercato di farlo. E se Dio mi darà salute e pazienza, qualcos’altro cercherò di farlo. Politica, storia, letteratura, giornalismo, sono state le mie frontiere e i miei campi d’azione. Ho cercato di tratteggiare sempre strade nuove, non mi sono fermato al già conosciuto- Sono stato giovane e in prima fila in anni difficili, dove il terrorismo giovanile Brigate Rosse e simili lo si incontrava spalla a spalla. E non è che si presentava con simboli e distintivi, lo dovevi scoprire e fare le tue scelte da solo. Io non solo me ne sono ritratto ma ho svolto un’azione di aperto contrasto. Lo stesso è capitato con le cosiddette droghe, così familiari in quegli anni. Una discussione l’ebbi proprio a Piaggine con qualcuno che aveva scambiato la marijuana per delle erbe officinali e per ripararla dalla pioggia che poteva inumidirla pretendeva di nasconderla in una casa presa in affitto da giovani lavoratori politicamente esposti per via dell’azione di contrasto che vi si conduceva alla pretesa di far occupare all’esercito italiano le pendici del Cervati. Io che venivo da territori politicamente più esposti sapevo bene come si dovesse evitare esporsi a condotte di vita superficiali, che ti potevano portare in cella. Per la cronaca, allora come oggi non fumo nemmeno sigarette. Ero impegnato nella vicenda del “Carrare re li Vuoi” tra Sacco e Teggiano, e riporto quanto avvenne e già ricostruito da me in un precedente scritto pubblicato nel libro “Saccaritudini”, curato da Silvio Masullo. Avessi trovato dei compagni adatti una esperienza culturale e giornalistica l’avrei fatta sorgere. Come sosteneva Silvio Masullo, che qui si tratteggia, più che il sindacato o la politica, quello poteva essere l’orizzonte più giusto per la nostra voglia di fare. Altri che avrebbero potuto appoggiarci erano impegnati fuori, nei loro studi, e le linee che vinsero furono quelle della confluenza nella Federbraccianti che spalleggiava una forestazione costosa, inutile e clientelare della quale oggi non resta traccia, e dall’altra un ritorno all’interno delle sezioni, spoglie e abbandonate del Partito Comunista che, soprattutto a Piaggine, aveva sicuramente conosciuto stagioni migliori intorno a figure gloriose- No, in quella Piaggine che si affacciava agli anni Ottanta, io e chi mi affiancava, non eravamo un esempio e un fattore di aggregazione. Ripensandoci oggi, costretto dalla sollecitazione dell’amico Alfonso Marino, forse neanche lo volevamo. Ci piaceva assumere un atteggiamento èngagè, darci un tono. Volevamo fare colpo sulle ragazze del magistrale? Per me lo escludo poiché le vedevo del tutto disinteressate alle nostre lotte e quando ce la prendevamo con i militari per salvare il Cervati le vedevo proprio dall’altra parte: via pastori e montagna ed è bene che arrivino ragazzi nuovi, magari settentrionali, che ci prendano e ci portino via da qui, ci dicevano. Poi c’erano i democristiani con le loro pensioni e i socialisti con i loro posti in offerta speciale. Il quadro era questo. Il paese tuttavia era bello, io rimasi stupito da una passeggiata alla sorgente del Calore, davvero struggente. Nei paesi da dove venivo i centri antichi erano stati distrutti dai bombardamenti a seguito dell’arrivo degli americani nel 1943 e mai più ricostruiti dalla gente che, in massa, aveva preso subito dopo la via dell’emigrazione.

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