BANCA CAPACCIO. IL VERO FONDATORE . Il pioniere, Rosario Pingaro


Nella foto: l'ingegnere Vincenzo Pingaro figlio e padre di Rosario 

Un vero pioniere, un grande imprenditore, sempre in anticipo sui tempi. Questo è stato Rosario Pingaro, presidente della Cassa Rurale di Capaccio dal 1965 al 1985. Gran parte delle realizzazioni edilizie di Capaccio Scalo portano la sua firma. "Era un vulcano, non stava mai fermo, difficilissimo stargli dietro", ricorda il figlio Vincenzo, ingegnere. "La sua religione era il lavoro. All'infuori di questo non vedeva altro". Fu anche un vero e proprio self made man, un uomo che si era fatto tutto da solo. Nato a Fonte di Roccadaspide nel 1911, era l'ultimo figlio di otto fratelli e sorelle. Il padre fu emigrante in Argentina, ma ritornava spesso a casa, ed appena l'età lo permetteva si prendeva un figlio e lo portava con sè fino a sistemarlo adeguatamente nella fertile terra argentina. Le due femmine, con il piccolo Rosario, rimasero in Italia. Il ragazzo ebbe un'istruzione sommaria, fino alla terza elementare. "Per la mentalità del tempo - racconta il figlio Vincenzo - bastava saper leggere, fare la propria firma e cavarsela con le quattro operazioni aritmetiche". Sotto le armi il giovane Rosario s'accorge che non ha un'istruzione sufficiente. Fu così si rimise a studiare da privatista, per corrispondenza, e sostenne tutti i vari esami. Alle soglie delle superiori dovette però arrendersi. Quando tornò a casa il lavoro dei campi lo riassorbì e non ci fu il tempo di tornare ad applicarsi sui libri. I problemi ora erano altri e così cominciò a prendere altro terreno in fitto per coltivarlo. L'obiettivo era quello di avere un'azienda agricola più grande. Andrà, come vedremo, molto più lontano. Nel 1957, a causa delle grandi difficoltà nel vendere il latte prodotto nell'azienda Pingaro ebbe l'intuizione di impiantare una piccola centrale per pastorizzare ed imbottigliare il latte per uso alimentare. Nel 1963 Pingaro trasferì la sua attività a Capaccio Scalo, l'ampliò e cominciò ad usare anche le buste di cartone. Alle soddisfazioni economiche fecero da contrappeso le amarezze dei due figli persi, in poco più di un decennio, in circostanze tragiche. Nel 1970 costruì lo stabilimento che è stato poi ceduto alla Parmalat. "In quel periodo ebbe un serio incidente automobilistico. L'azienda aveva, a seguito degli investimenti per la costruzione, qualche difficoltà finanziaria e dalle stalle non arrivava latte di buona qualità per i tempi lunghi di trasporto. I refrigeranti non c'erano. La concorrenza era troppo spietata e preferimmo passare la mano", racconta l'ingegnere Vincenzo. Ma l'uscita dal settore alimentare non frena la voglia d'imprenditoria di Rosario Pingaro. Fonda la Later Cap (Laterizi Capaccio) che si impianta a Campagna (in società con la Rdb) solo perchè non troverà a Capaccio un suolo a prezzi abbordabili. Nel dopoterremoto altra iniziativa ad Oliveto Citra, dove fonda le "Terrecotte del Sele". Nel 1986 passa a Battipaglia dove avvia l'Aristea, piatti e bicchieri monouso in plastica, oltre 260 addetti tra diretti ed indotto. "E' una delle prime cinque aziende del settore a livello nazionale", sottolinea il figlio.
Il gioco di squadra. "Nessuno più di lui ha mai creduto tanto nell'importanza della cooperazione. Anche nelle sue aziende ha sempre voluto altri soci. Ha sempre predicato per avere associazioni, cooperative, società. Non ha mai creduto all'utopia della tradizione cilentana che vede col fumo negli occhi ogni forma di cooperazione tra pari. L'individualismo non gli ha mai appartenuto. La sua soddisfazione era quella di dare il via ad iniziative che fossero poi capaci di camminare da sole".
Nella banca. Rosario Pingaro approda all'interno della Cassa Rurale: "Voluto dall'avvocato Granato, che lo fece diventare suo vice", racconta il figlio. C'è un'intera comunità in movimento. La bonifica è finita, l'agricoltura capaccese comincia a diventare redditizia, sullo sfondo c'è lo straordinario boom economico italiano degli anni Sessanta e a Paestum il turismo diventa un'altra voce importante dell'economia locale. La sua ricetta era semplice: "La banca doveva aiutare chi aveva buone idee e dimostrava serietà d'intenti e non dare i soldi a chi già ce li aveva. Sulla consistenza del patrimonio prevalevano le valutazioni sulle capacità imprenditoriali. Tante solide realtà aziendali di oggi sono state alimentate dai primi soldi avuti in prestito dalla Cassa Rurale gestita con questa sua idea". Anche per questo la nostra banca è diventata la maggiore delle banche di credito cooperativo campane.

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