Il donchisciotte amato dalla gente .Vincenzo Lettieri, interprete autentico della fase eroica del giornalismo cilentano


 Cominciò scrivendo del cimitero della sua Angellara senza una vera strada, di uomini che portavano al cimitero i morti in spalla faticando non poco e magari pure bestemmiandoli. Poi passò a chiedere l’illuminazione della galleria di Pattano. Migliaia di articoli pubblicati soprattutto in un giornale che viveva delle piccole offerte dei suoi lettori e dove riversava parte del suo stipendio di finanziere prima e di pensionato dopo. Gli inizi sono negli anni Cinquanta del secolo scorso. Vincenzo Lettieri, il decano dei giornalisti cilentani, è morto nei giorni scorsi all’età di novantacinque anni. Straordinarie le sue battaglie per il riscatto civile del Cilento, per la realizzazione delle infrastrutture necessarie per modernizzarlo. Io ho appreso la notizia dall’ingegnere Giuseppe De Vita, seconda professione, poeta. Peppino mi ha stimolato a ricordare quest’uomo. Poi, rovistando nella mia memoria, ho scoperto di dovergli qualcosa. “Chi era Vincenzo Lettieri? Un puro. Un innamorato della nostra terra: Il Cilento. Era un visionario e nella sua visione c'era un Cilento, più buono, più giusto, più pulito, più umano e con i cilentani più attenti a preservare le bellezze della natura che il buon Dio ha concesso alla nostra terra”. Parole di De Vita, scritte a caldo su facebook. La battaglia per un Cilento più moderno, Lettieri aveva cominciato a combatterla già dai primi anni cinquanta, attraverso le pagine di quotidiani come il Corriere della Sera e il Mattino di cui fu collaboratore, e attraverso lo storico giornale ” l’Appennino” che fondò nel 1963. Su quel giornale dove ho scritto anch’io, ed erano le prime cose che pubblicavo. Avevo allora un’idea corsara e romantica del giornalismo e mi dedicai a un’inchiesta sulla prostituzione nella Piana del Sele, fenomeno che allora, nei primi anni Ottanta, era tutto “indigeno”. E altre cosarelle, sullo stesso genere. Lui non mi conosceva, gli articoli glieli spedivo per la posta ordinaria. Una collaborazione assai breve visto che già ero preso dalla voglia di approdare sui giornali salernitani. Quel primo apprendistato mi diede però sicurezza. In tempi di ideologie ancora salde lui – uomo di destra – non si fece problema con un giovincello ispirato ai principi della sinistra saccente imperante al tempo. L’Appennino rappresentò una coraggiosa esperienza. Fu un giornale che più di mezzo secolo fa cominciò a informare i cittadini di un territorio ancora in buona parte alle prese con i problemi dell’analfabetismo e legato per la quasi totalità, all’agricoltura e dove in molti sceglievano l’emigrazione per trovare lavoro. “L’Appennino non era solo un periodico d’informazione, era la voce del Cilento. In esse Vincenzo Lettieri manifestava i disagi, i problemi di un’intera popolazione, e combatteva le battaglie per il compimento delle infrastrutture necessarie alla dignità di un territorio mortificato dall’atavico ritardo rispetto ad altre realtà. Lo faceva – come ha ricordato Antonio Pesca - in maniera libera. Non aveva sponsor o finanziatori. Si autofinanziava, con i soldi che provenivano dagli unici padroni che riconosceva e provvedeva a servire: I lettori”. Collaborava, tra gli altri, anche con l’emittente televisiva vallese Retesette, fin dalla sua nascita. Praticamente un Don Chisciotte, come lo definisce l’amico poeta Omar Pirrera, siculo-cilentano che vive a Vallo della Lucania. L’ingegnere Giuseppe De Vita ci ha fornito questo ritratto poetico, uscito dalla penna di Pirrera, e ci ha invitato a volerlo riprodurre, seppure in parte. Dice il poeta rivolto a Lettieri: “Tu sei l'erede di quel macilento /Cavaliere spagnolo ancora in lotta con i mulini a vento. /Per lancia adoperi una penna non addottorata, ma per campo di battaglia un foglio bianco chiamato "Appennino", per Ronzinante una malinconica Wolkswagen. / Tutta una vita spesa a colmare la tua fame di sapere comprando quintali di libri, mentre i grossi addottorati papponi compravano tonnellate di carne, di pesce, di pasta; esausti dal ridere nel vederti combattere contro i nuovi mulini elettronici”. Vincenzo Lettieri come Giuseppe Ripa, a prezzo di sacrifici oggi inimmaginabili, hanno conferito nobiltà a un giornalismo inteso come missione civile senza compromessi, che noi oggi stiamo svilendo a mera attività di pubbliche relazioni al servizio di chi può. Un’altra cosa. Misera e assai poco nobile. Uno che somiglia a Vincenzo Lettieri, ma con mezzo secolo in meno di età, è Giovanni Farzati, da Perdifumo, di Lettieri ne scrisse così poco dopo il suo 90° compleanno: “La popolazione del Cilento ricorderà sempre le battaglie di Vincenzo Lettieri, classe 1918. Strade rotte, frane, cimiteri e gallerie. Le persone gli vogliono bene. Una delle sue efficaci campagne stampa riguardò l'illuminazione della galleria di Pattano di Vallo, con decine di articoli. Vincenzo Lettieri, stampa a proprie spese il giornale periodico da lui fondato, L'Appennino di Vallo. Il primo articolo del Vincenzo Lettieri giornalista risale al 1954, riguardava Angellara, il suo paese, raccontava del cimitero del posto senza strada; di uomini che portavano i morti in spalla faticando non poco e magari pure bestemmiando. Da allora Vincenzo Lettieri ha raccontato il Cilento su Corriere della Sera, Roma, Mattino; nel 1964 ha fondato l'Appennino, palestra di tanti giornalisti, pagandolo con la pensione; l'ultimo numero, il primo del corrente anno, è uscito una ventina di giorni fa, ricco di notizie, curiosità. La dottrina giornalista e di vita di Vincenzo Lettieri sta racchiusa in una frase: "essere sempre vicini al cuore della gente". L’ultimo pensiero è di De Vita: “Caro Vincenzo nel mondo dei giusti, dei buoni dove sei ci sarà qualche tronco d'albero, qualche palo della luce dove affiggere il tuo foglio: "l'Appennino". Continua a farlo, ti prego”. Addio vecchio giornalista interprete di una missione che non è quella di “leccare” questo o quel potente ma di far sibilare le frustate e, così, farsi amare e sostenere della gente. Io sono tra coloro che ti ammirerà sempre per esserci riuscito e qualcosa da te pensa di aver appreso e portato avanti. Almeno così ho creduto.

Oreste Mottola

orestemottola@gmail.com 

Commenti

Gli articoli più letti

BATTIPAGLIA AVERSANA. La storia di due agricoltori che hanno scoperto l'antico porto sul Sele e Tusciano

ALBURNI, IL MIRACOLO DELLE FRAGOLINE DI ANTONIO

ALBANELLA. Nuovo sindaco cercansi. C'è chi ipotizza gli "stranieri": da Giovanni Santomauro ad Antonio Marra

Valva, aristocratica e misteriosa terra sulla via del grano da Eboli a Matera Fu allungata nelle proprietà del marchese di Valva per dotare il suo feudo di una strada, a spese dello Stato

ALTAVILLA. IL PAESE PIU’ IMPORTANTE DELLA PIANA DEL SELE

CLOONEY, TREDICI ANNI FA L'INCIDENTE AUTOMOBILISTICO A FELITTO

Agostino Cembalo, l’ingegnere che vola in Francia Lavora sulla meccanica dei fluidi e sul risparmio energetico delle auto

PERSONAGGI. Fabio D’Onofrio, un piede nel passato e la testa nel futuro. L’agricoltore più moderno che c’è

E' SALERNITANA (DI PAESTUM) LA MOZZARELLA PIU' BUONA

ALTAVILLESI DOC: ZIO ANTONIO DI VERNIERE DETTO PICCIRILLO