La Ferrari e una storia di cavalli di casa nostra. Il cavallino rampante ispirato ad mito nostrano





di Oreste Mottola orestemottola@gmail.com 

Più della Coca Cola, di Apple e di McDonalds Marchionne lo aveva intuito subito, il marchio della Ferrari, quel cavallino rampante, è uno dei brand più conosciuti al mondo, Pochi sanno che Enzo Ferrari nel 1923 lo “prese in prestito” come simbolo della sua “scuderia” da Francesco Baracca, pilota aereonautico ed eroe della prima guerra mondiale che aveva dipinto sul suo aereo, essendo anche un ottimo cavallerizzo, la sagoma del suo cavallo. Diventa “Persano” quando chiesero ad ad un grafico di renderlo un po’ più armonico. E quello che fece? Si ricorda delle foto del padre, un ufficiale di artiglieria che aveva prestato servizio a Persano, e si ispira a questi esemplari nel suo lavoro. Cosi che oggi, i più grandi esperti della razza equina, gente del calibro del principe Alduino di Ventimiglia e dello storico Antonino Gallotta, non hanno dubbi:  quel “cavallino rampante” è cosa nostra, delle terre racchiuse tra il Sele e il Calore, tra Eboli, Serre, Altavilla e Albanella.

Altri, sempre nel mondo degli appassionati, sono convinti come fosse già un “Persano” l’originario cavallino che Baracca portava dipinto sul suo aereo durante la prima guerra mondiale. Ma … la domanda allora sorge spontanea … cosa a che fare il Cavallino del Baracca con Napoli? La risposta sta proprio nel fatto che lui, ottimo cavallerizzo, dipinse il suo amatissimo cavallo di razza Persano sulla carlinga dell'aereo nella posa identica ad uno dei due delle statue dei “Palafrenieri” che lo Zar Nicola I di Russia regalò a Ferdinando II di Borbone nel 1846 e che furono posti ai cancelli di Palazzo Reale poco più avanti del Teatro San Carlo. Queste statue erano, e sono, note col nome di “Cavalli di Bronzo” e riproducono i puledri di razza Persano … una pregiata razza equina ottenuta nelle reali scuderie di Persano, località vicino Salerno. Questa razza fu voluta da Carlo III di Borbone che ebbe l'intuito, lui grande appassionato di cavalli, di incrociare stalloni turchi con le puledre locali. A sua volta le cavalle così ottenute furono nuovamente fatte accoppiare coi stalloni turchi ed ecco che si ottenne una razza di cavalli dall'aspetto fiero e stupendo … una razza utilizzata da allora in poi in cavalleria … una razza che divenne l'orgoglio di Napoli e dei Borbone. Le scuderie di Persano erano note in tutto il mondo ed erano il vanto del Regno delle Due Sicilie. Ma purtroppo tutto questo finì quando ci fu l'usurpazione dei Savoia … una delle prime cose che fecero fu proprio ordinare la chiusura delle scuderie ed i puledri furono venduti all'asta per pochi soldi. Lo si fece per cancellare uno dei tanti simboli che ricordavano i Borbone e la Napoli capitale. Ma i Savoia non erano tanto stupidi e nel 1900, dopo quasi trent'anni dalla chiusura, questi decisero la riapertura delle scuderie e la rinascita dell'allevamento di tale razza di Cavalli sempre a Persano.


Un mio articolo sul quotidiano "La Città" del 27 luglio 2018 

SERRE - Il cavallino rampante della Ferrari è la rappresentazione stilizzata dell’antico cavallo Persano. Enzo Ferrari nel 1923 lo “prese in prestito” come simbolo della sua “scuderia” da Francesco Baracca, pilota aereonautico ed eroe della prima guerra mondiale che aveva dipinto sul suo aereo, essendo anche un ottimo cavallerizzo, la sagoma del suo cavallo. Diventa “Persano” quando chiesero ad un grafico di renderlo un po’ più armonico. E quello che fece? Si ricordò delle foto del padre, un ufficiale di artiglieria che aveva prestato servizio a Persano, e si ispirò a questi esemplari nel suo lavoro.

Così oggi, i più grandi esperti della razza equina, gente del calibro del principe Alduino di Ventimiglia e dello storico Antonino Gallotta , non hanno dubbi: quel “cavallino rampante” è cosa nostra, delle terre racchiuse tra il Sele e il Calore, tra Eboli, Serre, Altavilla e Albanella. E di un torto, molto stupido in verità, dei Savoia, che poco dopo essersi insediati al Sud, vollero ridimensionare fino a cancellarlo, l’allevamento del cavallo Persano che in sé racchiudeva anche un avanzato sistema di organizzazione sociale di maestranze specializzate.

Questa razza, di imponenti e possenti puledri, fu sempre utilizzata dalla cavalleria perché capace di operare su qualsiasi terreno e con qualsiasi clima. Era un orgoglio napoletano e borbonico, ma, con l’avvento dei Savoia, nel 1874 venne dispersa: le scuderie furono chiuse ed i puledri vennero venduti all’asta e alla fiera di Eboli. Tale soppressione fu voluta per poter cancellare un ulteriore simbolo e ricordo della dinastia dei Borboni. Solo nel 1900, 26 anni dopo la chiusura e la dispersione della razza, i Savoia si resero conto del grave errore commesso e ordinarono la riapertura delle scuderie e dell’allevamento, sempre in Persano, mutandone il nome in Razza governativa di Persano, con l’ausilio di cavalli riacquistati da allevatori privati e da quelli che Vittorio Emanuele aveva trattenuto per sé. In mezzo ci sono le vicende connesse alla battaglia per evitare l’estinzione di questa razza narrate solo pochi giorni fa sulle pagine di questo giornale.

L’improvvisa scomparsa di Sergio Marchionne, autore della rinascita della casa automobilistica Ferrari, ci ha fatto riscoprire il suo marchio. Più della Coca Cola, di Apple e di McDonalds, Marchionne lo aveva intuito subito: il marchio della Ferrari, quel cavallino rampante, è il brand più conosciuto al mondo. Una vendetta di quel cavallo che i nostri avi allevarono a un tiro di schioppo dalle nostre case.

Oreste Mottola

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