CICCIO, IL MAESTRO DEL BELLO E CHE NON SI ARRENDEVA MAI

un ricordo di VINCENZO ROCCIOLO  



Ci sono persone che incarnano un'epoca e che improntano di sé un quartiere, un paese, una zona. Ciccio Saponara era una di queste persone: discreto, gentile, educato, un gentiluomo di altri tempi, ma sempre pieno di idee, di iniziative, di passione per quello che faceva, fosse la recita di fine anno delle sue classi o il festival canoro di un intero paese.

Io lo ricordo fin da quando ero piccolo, quando a Matinella esisteva ancora il glorioso bar Rocciolo di mio nonno e dei miei genitori.
Quelli che hanno vissuto quei tempi, parlo degli anni che vanno dalla metà degli anni '50 fino alla fine degli anni '70, ricorderanno come il bar fosse in quegli anni un luogo di ritrovo (forse il principale) di giovani e meno giovani del paese, come lì si svolgesse il principale compito di socializzazione tra le persone.
Per tanti anni, quando ancora pochi avevano la televisione a casa, il grosso televisore marca Geloso messo in alto su un portaTV artigianale di legno all'ingresso del bar, rappresentava per tanti l'unico strumento di evasione da una realtàspesso dura, difficile, avara di soddisfazioni e di divertimenti.
Il maestro Ciccio arrivava nel bar con la sua solita discrezione, con la sua innata eleganza, col suo portamento da persona perbene, a prendere un caffè e spesso a propagandare una delle sue iniziative, a Cerrelli, o a Matinella, o a Borgo Carillia.
Sì, perché il suo raggio d'azione, almeno in quegli anni, non era solo Cerrelli, ma si estendeva anche ai paesi limitrofi.
Era dotato di un entusiasmo e di una voglia di fare encomiabili; spesso era da solo, nessuno gli dava una mano, ma lui era come uno di quei pionieri che partono da soli alla scoperta di nuove terre, e non si curano del freddo, della pioggia, del sole cocente, delle difficoltà.
Spesso ha dovuto sopportare i risolini di scherno e di derisione da parte di persone che non riuscivano a capire la sua ansia di cultura, il suo amore per la canzone, per il teatro, per lo spettacolo, per la storia, per le tradizioni popolari.
Ma lui andava avanti per la sua strada, incurante di tutto. Sapeva dentro di sé di essere nel giusto, sapeva che stava facendo qualcosa di bello e di valido per un'intera comunità, e allora, nonostante le delusioni, continuava ad impegnarsi, continuava a cercare di far capire agli altri, agli ottusi, a persone dalla mentalità ancora chiusa e ristretta, la bellezza dell'arte e della cultura, e lo faceva non con le parole, ma con i fatti, con la sua attività quotidiana di insegnante e con tutte le iniziative che curava di volta in volta.
Col passare degli anni, col mio allontanamento dalla mia terra natìa, ti avevo perso di vista, caro Francesco.
Di tanto in tanto, nei periodi in cui mi trovavo nella mia cara terra per le ferie, venivo a sapere di qualche tua iniziativa, e pensavo: Francesco non si arrenderà mai.
Tanti dopo di te ti hanno seguito, tanti dopo di te hanno capito il valore della cultura per la crescita della persona e per il rafforzamento dei legami tra le persone di un paese, di una zona. Tanti non hanno avuto più risate di scherno, ma applausi e riconoscimenti, ma io oggi piango e rimpiango te, pioniere di un'epoca che non esiste più.
Ciao Francesco, e fatti valere anche dall'altra parte, non ti arrendere mai.
VINCENZO ROCCIOLO

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