ORESTE MOTTOLA. “ Non sei mai fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”, l'originale disamina di Gerardina Nigro .

Non sei mai fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”  . Alessandro Baricco, da "Novecento"

 Prima di parlarvi dell’autore, del giornalista e scrittore Oreste Mottola,  mi presento , per fare subito chiarezza con i presenti.


La locandina della presentazione del libro presso il "persano Country Club", con relazione della dottoressa Gerardina Nigro. Di seguito larghi tratti del suo intervento


Vi dico ciò che non sono: non sono una storica, non sono una giornalista, non sono scrittrice, pertanto non  sono un’esperta del settore ,    svolgo  un lavoro amministrativo, segretario comunale;  quindi il mio è un intervento amicale, da lettrice. 

Sicuramente fra il pubblico vi sono persone più erudite di me sugli argomenti trattati da Oreste Mottola, con maggiore conoscenza dei fatti storici e del territorio.

Mi è stato chiesto di dare il mio contributo a questo incontro e lo faccio con piacere, perché pur essendo vissuta per due terzi della mia vita, per studio a Roma  e lavoro a Brescia, lontano da questa mia terra, dove pure torno con frequenza, sento forte il senso di appartenenza.

Chi ama il sud, secondo il mio modo di vedere, lo fa in modo particolare; come una madre  che ha particolarmente a cuore  quel figlio che, pur avendo  doti meravigliose, ha  anche qualche problema, anche storicamente mai risolto. E vorrebbe vederlo invece  realizzato appieno secondo le  sue immense potenzialità.

Quindi sono particolarmente felice  per tutto ciò che rappresenta al meglio questo splendido territorio.

Ed in questa positività di questa amata terra  che si inserisce il giornalista e scrittore

La prima considerazione che sento di fare è... (...)

Quante belle menti produce il ns territorio. Come produce anche tante persone capaci, onesti lavoratori ed anche  imprenditori  degni di apprezzamento.  Oreste Mottola, sempre attento al nostro contesto locale, di alcuni  ha scritto anche nei suoi innumerevoli  articoli giornalistici, che ho letto con grande piacere. Imprenditori capaci di produrre benessere non solo per sé, ma anche per gli altri; che hanno basato il loro successo sull’innovazione, sulla creatività, sulle buone pratiche agricole e non  sullo sfruttamento della forza lavoro.

Dobbiamo essere tutti  orgogliosi di questa ricchezza della nostra terra: bellezze naturali ed anche tante belle ed impegnate persone. 

Per quanto riguarda la mia conoscenza con Oreste , posso dire che ...

La vita è un magnifico e sorprendente  percorso,  fatto di strade che a volte si allontanano ed altre volte si riavvicinano;  con Oreste ci siamo solo intravisti al tempo delle scuole superiori, a Roccadaspide al liceo scientifico,  poi Lui ha preferito altri studi, in  agraria,    non ci siamo più visti per vari anni;  Lui è diventato famoso nel tempo  ed io  avevo notizie di questo suo impegno  nel campo della scrittura e di testimone dei ns tempi; poi tramite un amico di Oreste e mio Collega, originario di Sacco,   a sua volta residente a Brescia,  siamo ritornati in contatto, o meglio si è creato il contatto. 

Sono onorata di dare il mio contributo a questa serata per la presentazione del nuovo libro  di Oreste Mottola, “Fiumi, briganti e montagne “ edizioni Magna Grecia , perché l’autore è una di quelle persone che fanno bene al Sud. Oreste non ha bisogno di presentazioni in questo contesto territoriale dove è molto conosciuto; quindi mi limito a condividere con voi alcune mie riflessioni,  legate a ciò che scrive .

Un libro, la divulgazione di un pensiero o di un  fatto nella forma scritta,  a differenza di un’esposizione verbale, comporta per chi legge anche un dialogo con se stessi e quindi ciascuno di noi si sofferma su particolari aspetti, perché filtra anche attraverso il proprio modo di sentire.

Ecco perché è importante leggere, perché ci consente di pensare in modalità non superficiale  ed un libro ci lascia sempre qualcosa, piccola o grande che sia, lascia una traccia e ci arricchisce ;  di conseguenza è quasi sempre riduttiva la  trasposizione ed il commento verbale, perché interrompe quel dialogo diretto  fra il singolo lettore e l’autore.


Questo è, a mio avviso, anche il motivo per cui i  romanzi più belli difficilmente possono diventare un film, anche  la trasposizione cinematografica è riduttiva e non potrà dare le stesse emozioni. (...)

Quindi anche io dirò delle cose riduttive rispetto a quanto contenuto nel libro di Oreste,  che è pieno di storie e personaggi ed ogni lettore potrà trovare il tema a lui più congeniale o di maggiore interesse per la sua sensibilità. Le tante vicende trattate non si prestano ad un riassunto del contenuto e comunque non era questa la mia intenzione; piuttosto ho cercato nel mio piccolo, senza alcuna pretesa di esaustività,  di individuare un filo conduttore nella scrittura di Oreste Mottola ed inoltre vorrei condividere con Voi alcune riflessioni che i suoi scritti mi sollecitano.

Ho scelto delle riflessioni che credo o spero possano essere temi condivisi.


1^ Riflessione – essere persona

La prima riflessione è per me quella basilare, chi siamo come persona, perché è quello che siamo che portiamo in ciò che facciamo, qualunque sia il ns ruolo:  giornalista, contadino,  operaio, professore, segretario comunale ecc…ovviamente i termini al maschile sono nelle  loro accezione di genere umano.

Chi è Oreste Mottola ? Se andiamo  al  suo curriculum pubblicato in internet, scopriamo che quest’uomo   “ di penna”, che ha avuto tante  parole per vari personaggi  e per raccontare  storie antiche e moderne,  è di pochissime parole su se stesso;  tanto che una mano amica, l’autore (Bruno Di Venuta) del sito internet che ospita il curriculum, ha sentito l’esigenza di fare un’annotazione per ricordare  che in passato si è attivato anche per la nascita di due cooperative sul territorio, una di consumo e l’altra di lavoro.

A questo aggiungiamo il lungo periodo di impegno politico dell’autore ed abbiamo  il quadro di una persona  che non ha mai vissuto solo per sé , per i suoi interessi personali, ma ha sempre cercato di dare il proprio contributo per la crescita del territorio.

Parafrasando Kennedy “Non chiedere cosa può fare il tuo paese per te, ma cosa puoi fare tu per il tuo paese”. Credo che questa frase  possa essere applicata al  ns autore.

Ritorno al suo curriculum, dicevo che è stato parco di parole ,  quelle che usa sono  centellinate si, ma rivelatrici e quindi io ho preso il periodo che credo la chiave di volta di tutto, il cogito ergo sum del contesto ; le parole di  Oreste  sono “ Vivo, quindi scrivo”.

La scrittura per Oreste Mottola è  la vita stessa, è un’esigenza ineludibile .

Vive e quindi non può fare a meno di scrivere,  e scrive con l’inquadratura particolare, dei personaggi e dei fatti, che dà l’occhio da giornalista. Una scrittura, asciutta e veloce,  che quasi fotografa i personaggi  e gli eventi.

 Ed io aggiungo che Oreste è una persona integra, un uomo di parole, ma è anche un uomo  di parola; il cui tratto caratteristico è l’amore per la sua terra, ovviamente in primis Altavilla Silentina e qui  “ con la sua città” nessuno può competere, però glie lo perdoniamo, perché sappiamo che comunque ama questo intero territorio.



2^ Riflessione – valore del territorio 


La seconda riflessione  è sul valore che ha questo territorio negli scritti di Oreste Mottola ; nella sua componente che definiamo le ns radici. 

Il valore che questo territorio ha credo per tutti noi, che siamo qui a condividere questo evento.

Me lo chiedo spesso anche per  me stessa, che ho trascorso la maggior parte della mia vita fuori da qui  (anche se vi ritorno più volte all’anno, ma la vita continuativa si è svolta fuori) eppure sento di appartenere a  questa terra e di avere qui le mie radici… la chioma può anche andarsene in giro, ma le radici sono qui. 

E mi chiedo... cosa sono le radici ?

Ereditiamo un patrimonio genetico, e su questo non vi sono dubbi, ma anche culturale, perché ci formano  non solo le  ns esperienze, ma anche quelle di chi ci ha preceduto;  mediante un legame, che se è  immediato con i ns genitori ( e quante volte capita a ciascuno di noi di riconoscere nel ns modo di fare e di essere aspetti del padre e della madre, che siano pregi o difetti), il legame è meno visibile, ma esiste, recondito e misterioso, ma agisce, con la ns gente.

Oreste ed io e chi ha la ns età appartiene ad  una generazione  in cui c’era ancora una vita corale, in cui erano presenti i racconti, i ricordi, di nonni, zii, vicini di casa… 

Ed io posso dire di avere visto, anche se  mi è stato solo raccontato, il bucato che  la prozia Maria  faceva  al fiume Malnome “ u malonome” , le lenzuola messe ad asciugare sulle siepi e che si ritiravano odorose di erba e di sole.

Ed ho visto, tramite gli occhi di mia madre dalla terrazza di mia nonna, il bombardamento della città di Battipaglia nel giugno del 1943,  ho visto la città bruciare e fumare sotto le esplosioni dell’attacco aereo… ho una visione nitida, come se fosse un ricordo mio diretto. Come ho ereditato anche i ricordi di mio padre.

Cito il bombardamento di Battipaglia per collegarmi al forte coinvolgimento di  questo territorio durante la seconda guerra mondiale.

Oreste nel suo libro “ Fiumi, Briganti e Montagne” ha recuperato l’evento e ci consegna la storia  del primo attacco al Sele il 10 febbraio del 1941, in questo caso l’obiettivo era  l’acquedotto per interrompere l’erogazione dell’acqua in Puglia, che  era di rilevanza strategica per le sue basi militari come il porto di Taranto. L’azione venne condotta  da un gruppo di 40  paracadutisti inglesi, che nei pressi di Calitri danneggiarono, solo in parte  a causa di intralci che si verificarono nella realizzazione, il canale principale dell’acquedotto, detto  il Colosso . 

Leggo che il commando inglese venne catturato dai Carabinieri aiutati dalla popolazione locale e rifletto che in questo momento storico l’Italia è ancora fascista, è ancora L’Italia che ha creduto nella guerra, cercando onore e rivendicazioni a livello internazionale. Non dobbiamo dimenticare questo aspetto, se non vogliamo ripetere gli stessi errori. Non dobbiamo edulcorare il passato,  anche se ci è scomodo.

Oreste ci consegna anche la storia  di un italiano, toscano, uno dei 40 del commando inglese, Fortunato Picchi che, pur vivendo agiatamente a Londra, decise di arruolarsi nelle forze inglesi per combattere il fascismo.

Nomen omen in questo caso non è applicabile, è sfortunato invece  Fortunato Picchi,   arrestato con gli altri componenti dell’operazione, che vengono avviati alla prigionia, Lui viene fucilato, perché è un italiano che combatte con l’esercito inglese, allora ancora nemico; quindi è un traditore. Non teme la morte, il suo unico cruccio è di essere considerato un nemico dell’Italia, mentre si dichiara  solo nemico del regime fascista.

Doppiamente sfortunato, Fortunato Picchi, perché essere arruolato nell’esercito  inglese gli vale la fucilazione, come traditore ed in più gli impedisce il riconoscimento come patriota, chiesto dalla madre al termine della guerra, perché la sua azione è stata eseguita  nel ruolo di militare dell’esercito inglese.

Ma c’è anche un altro attacco al Sele che vorrei citare e ricordare a tutti noi, questa volta si è svolto proprio su questo nostro territorio ed è stato determinante per l’avanzata nel 1943 dell’esercito angloamericano  che non era più nemico, perché l’Italia aveva firmato l’armistizio di Cassibile il 3 settembre 1943, ma reso noto solo il giorno 8.  Fu una resa senza condizioni, perché ormai le forze alleate avevano già conquistato la Sicilia. Oreste non tratta di questo evento in questo libro, ma vi ha fatto cenno nel “ Paese delle Ombre” un  episodio dal titolo “I fatti del 1943” per ricordare che Altavilla Silentina divenne quasi l’epicentro dell’operazione Avalanche.

Mi soffermo  per  la rilevanza dell’evento, che ha fatto entrare nei libri di  storia  questi luoghi

Per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscere in tempo di pace questo territorio -  che vediamo oggi tranquillo sotto al sole, i paesi di Albanella ed Altavilla , che per essere adagiati su una collina l’uno e su una collina più alta l’altro, ci fanno pensare  alla vecchia canzone “Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato” – per noi che abbiamo questa percezione dei luoghi, ci sembra quasi impossibile che sia stato scenario di guerra.  Ma non dobbiamo invece mai dimenticare che solo due generazioni dietro di noi, mi riferisco ovviamente alla mia fascia di età,  di guerre mondiali ne hanno viste … due i ns nonni ed una i ns genitori.

Diciamo sempre bisogna ricordare perché la storia non si ripeta ed invece la storia ci insegna che... chissà perché … essa tende a ripetersi...perché dimentichiamo .

Con operazione Avalanche,  che ha avuto inizio il 9 settembre 1943, la piana del Sele è diventata terreno di scontro fra  le forze alleate, in particolare la V Armata del Generale Clark,  sbarcate  a Salerno e a Paestum  in località Laura  ed i tedeschi ben organizzati sul territorio; gli Americani   avevano come obiettivo occupare la “quota 424” che era Altavilla; ma le truppe tedesche hanno respinto  gli americani che arrivavano dalle colline retrostanti ed hanno occupato il  paese e da questa collina  hanno attivato la loro forza di fuoco verso la pianura, coinvolgendo anche Albanella; hanno bloccato gli americani a Persano e li hanno costretti a retrocedere.

E’ stata una battaglia cruenta ed i tedeschi stavano  per avere il sopravvento, infatti hanno riconquistato Battipaglia, Eboli hanno occupato Altavilla, Persano, bloccando l’avanzata angloamericana .

Per l’intera giornata del 13 settembre del 1943 questo territorio ha subito il fuoco dei cannoni Americani dalla pianura e quelli tedeschi da Altavilla e Persano.

Per quello che ricordo io, con i ricordi altrui, mia nonna ad Albanella faceva il bucato vicino al pozzo, mentre i proiettili  dell’artiglieria le passavano sopra la testa e ad ogni sibilo si accucciava a terra. Una  bambina  del paese è stata colpita per strada  al pozzillo (Piazza Garibaldi), presumo che sia avvenuto proprio il 13 settembre il giorno in cui volavano proiettili da tutte le parti,  all’addome con effetto devastante ,   l’hanno  portata in casa di nonna   e lì l’hanno assistita impotenti mentre si lamentava sempre più debolmente fino alla fine, poi Le è stato messo l’abito della prima comunione di una delle mie zie. Mi permetto di citare questi miei ricordi, sebbene indiretti, perché i fatti vanno calati addosso alle persone, altrimenti restano aridi.

Il primo governo anglo americano al sud ha avuto sede ad Agropoli; infatti la suggestiva   scalinata che porta al Centro Storico al suo inizio, il muretto sulla sinistra, reca una targa che ricorda il Generale Clark  .

Le storie locali intorno a queste evento sono tante, potrebbero essere oggetto di un altro libro di Oreste, prima che se ne perda la memoria perdendo gli ultimi testimoni, anche se quelli ancora rimasti erano dei bambini a quel tempo.


Le macerie sono state lentamente rimosse, quando ero piccola a Battipaglia c’erano ancora quartieri con i segni dei bombardamenti.

Ma è rimasto un monumento alla memoria in quella distesa di croci del cimitero dei caduti angloamericani durante lo sbarco di Salerno/Paestum, lo vediamo nel passare in auto, dopo Bellizzi, nel territorio di Montecorvino, duemila croci, per la precisione 1953. Vite spezzate, vite che non hanno avuto futuro, vite che non hanno prodotto altre vite.


Dicevo del legame con il territorio, se io dico di avere qui le radici; quelle di Oreste Mottola sono tronchi possenti tenacemente abbarbicati a questa terra.

Queste radici nutrono la scrittura di Oreste, ma come avviene anche in botanica le radici prendono e rilasciano nutrimento alla terra (questo nelle buone e vecchie pratiche agricole e non nelle colture intensive)

Il legame è vicendevole,  perché questa terra gli offre infinite  storie, del presente e del passato,  ed Oreste offre al territorio una divulgazione che in qualche modo lo concima naturalmente.

Perché un territorio per vivere con consapevolezza ed avere futuro, un futuro migliore, ha bisogno prima di tutto di essere vissuto, e questo è ovvio; ma aggiungo ha bisogno di essere vissuto con  onestà, probità e dignità … ha bisogno che che vi siano i presupposti che consentano alle persone di vivere con dignità, e creare queste condizioni  spetta  a chi ha responsabilità di governo, nazionale e locale;  ma ha bisogno anche che vi sia forte questo sentimento nelle persone, nei cittadini e creare queste condizioni  spetta agli educatori, alla famiglia in primis, ma anche a tutti noi…

Ma, pur fatto tutto questo, che non è comunque  del tutto realizzato, perché siamo sempre in salita nell’acquisizione di queste virtù basilari… 

Non è del tutto sufficiente per fare prosperare un territorio.

Un territorio ha bisogno anche di essere raccontato….io credo

Come una persona non può vivere con piena consapevolezza e capacità di scelta, senza conoscere il suo passato e peggio ancora senza conoscere il suo presente; è lo stesso per un territorio… non può perdere la memoria di sé  e la consapevolezza si sé e perché questo non accada, ha bisogno di essere raccontato, ha  bisogno di testimoni.


3^ Riflessione essere testimone del tempo presente e narratore di quello passato.


Oreste Mottola, giornalista e scrittore, è per il nostro territorio, un testimone, un attento testimone per il tempo corrente;  un pignolo, abile, investigativo   narratore per il tempo passato.

E nel fare questo rende un servizio all’intera comunità. Perché i suoi scritti ispirano la riflessione, perché i personaggi che descrive ci consentono  prima di tutto di  conoscere, per chi non ne aveva già contezza e soprattutto non dimenticare il ns passato, recente o più remoto che sia; oppure richiama l’attenzione, mettendoci il coraggio, sui fatti scottanti del ns presente.

E qui si apre la folla di storie e personaggi di cui ha trattato, nei libri e negli articoli giornalistici e di cui si occupa ancora Oreste Mottola. 

Anche se questa serata è dedicata al nuovo libro “Fiumi, Briganti e Montagne”, vorrei  citare anche “ Il paese delle Ombre”  edito nel  2007 , sempre con la casa editrice Magna Grecia ed invito a leggerlo. 

Una recensione lo definiva un libro di viaggi e mi sembra aderente, un libro con il quale intraprendere  un viaggio lungo i tanti paesi citati per una conoscenza non superficiale; camminare nel presente e dialogare anche con il passato, attraverso i personaggi che, grazie allo scrittore Oreste Mottola, ci vengono quasi all’incontro in ogni paese.

Anche il quel libro ritrovo una caratteristica dello scrittore Oreste Mottola, quella  di scegliere, personaggi, fatti, località del territorio,  mantenendo però il legame con il contesto storico nazionale.

Già lì manifesta il suo interesse per alcuni personaggi che ritroviamo sviluppati nel nuovo libro “ Fiumi, Briganti e montagne”: la scomparsa del Sindaco di Battipaglia Lorenzo Rago, il passaggio di Ettore Majorana da Perdifumo, di Hemingway da Acciaroli (negli anni 1950 o 1951, forse si e forse no e che il pescatore Santiago del romanzo che procurò il Nobel,  “Il Vecchio ed il mare”, possa essere un pescatore locale, Masarone), che sia vero o meno il soggiorno di Hemingway ad Acciaroli, in fondo il compito del cronista locale è raccontare ciò che racconta il territorio. Se ci crede Oreste Mottola ed un Sindaco come Angelo Vassallo, vogliamo crederci anche noi.

C’è anche Albanella in quel Libro:  il poeta Nicola Vernieri, il Mulino Giardullo, il Bosco di San Sofia in località  Camerine.

Mi soffermo su due storie di quel libro, a dimostrazione di quel  filo comune , di cui dicevo,  nella narrazione di Oreste: i fatti locali inseriti nel contesto della storia nazionale .

Si occupa di fatti storici, di  personaggi che hanno avuto rilevanza nazionale ed anche internazionale, ma senza mai perdere di vista  la gente comune, che è meno visibile ai più, ma è   parte della stessa storia ed è questo un altro filo comune della sua narrazione.

Fra le storie di Altavilla apprendiamo di Gattopardi locali (Francesco Mottola, notaio e proprietario terriero), della fabbrica delle lampadine, che nulla  aveva a che fare con l’illuminazione, trattandosi dei pomodori san marzano , ma apprendiamo anche  che è stato un luogo di confino e che lì venne inviato un Gruppo di Ebrei a scontare questa misura di sicurezza (per inciso  la maggior parte dei luoghi di confino erano al sud Italia); ci dice Oreste che , salvo in un caso, non furono trattati male dalla popolazione, questo ci fa piacere. 

La stazione Ferroviaria di Paestum, apprendiamo della sua preziosa sala di attesta costruita nel 1936 per il passaggio delle massime autorità di allora (Il Re e Mussolini) e poi chiusa al pubblico, rivestita di marmo prezioso.

Scrive del passaggio di Cesare Pavesi in viaggio verso il confino calabrese , nelle annotazioni è citato  l’arrivo in treno  di Ungaretti, Camus  ed altri autorevoli personaggi di allora; del passaggio da giovane di un futuro presidente della repubblica tedesco,   ma anche del  commercio della povera gente nel periodo post bellico, che si sviluppava intorno alla stazione, sotto lo sguardo  benevole di un capostazione, Nicola Paradiso,  che consentiva ai raccoglitori di “maruzze” di dormire nella sala di attesa, mentre la moglie portava al mattino il caffè… scene di storia e di umanità .


Tutte queste storie mi richiamano alla mente una  frase del protagonista del romanzo,  di Alessandro Barico,  Novecento; che non è in verità un romanzo ma un adattamento per il teatro, è un monologo teatrale; che ha ispirato il film di Giuseppe Tornatore “ La leggenda del pianista sull’Oceano” . La frase è  riferita dal  Trombettista Tim (Max nel film) che narra del protagonista   Non sei mai fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”  .  Il senso che do a questa frase è che non siamo mai finiti, finché abbiamo qualcosa da dire agli altri, finché manteniamo la relazione sociale.

E di buone storie Oreste Mottola ne ha veramente tante e noi desiderosi di ascoltarle.


4^ Riflessione : è su un tema scottante, cosa sia  stato il ns risorgimento.


Nel libro “Fiumi Briganti e montagne”, come ci preannuncia il titolo, trovano posto anche le storie del brigantaggio locale, nella zona di Persano, Castelcivita,  Alburni; in particolare le vicende della Banda Tranchella che imperversò dal 1861 al 1864 e della sua donna Francesca Cerniello di Altavilla, che gli diede una figlia Gaetana. Il Brigante Gaetano Tranchella o Tranghella con la G come riportato nei documenti ufficiali.  Gaetano Tranchella   era sergente nell’esercito Borbonico, quindi senza più una collocazione dopo la sconfitta dei Borboni, del Regno delle Due Sicilie,  ad opera dei Savoia del Regno di Sardegna, che come sappiamo comprendeva il Piemonte, la Liguria, la Valle d’Aosta, che comunque siamo soliti definire come il Regno Piemontese.   Dopo l’unità d’Italia, il brigantaggio che pure già esisteva al Sud, si intensifica ed in alcuni casi si mescola con la guerriglia di opposizione al governo piemontese, sostenuto dalle forze legittimiste che si adoperavano per il ritorno dei Borboni. Non è il caso del Brigante Tranchella, che era  forse solo una pedina del perverso prete di Castelcivita (Don Giuseppe Vincenzo), come ci dice anche l’autore Oreste Mottola; non aveva fini politici, non era collegato a movimenti di liberazione del sud (non era un Carmine Crocco del romanzo I Fuochi del Basento).   Della vicenda del brigante Tranchella , evidenzio un particolare:  Il nonno, Gaetano a sua volta, era di Napoli, arrivò a Persano come guardiacaccia  reale e morì a 40 anni ,  la vedova ebbe una pensione di tre ducati l’anno;  

Infatti i Borboni avevano istituito il primo sistema pensionistico in Italia.

Questo dettaglio dell’assistenza dei dipendenti da parte dei Borboni è presente anche nel romanzo il Gattopardo, di  Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Un romanzo a mio avviso perfetto che, sebbene  non contemporaneo ai fatti di cui narra, perché scritto quasi un secolo dopo,   ci consente di cogliere direi quasi con freschezza uno spaccato storico, quello  dell’avvicendamento fra due classi  di potere, la nobiltà che retrocede e la borghesia che avanza; ma non è ancora tempo per il resto del popolo. Dicevo nel Gattopardo, Don Ciccio Tumeo,  organista che gode in una qualche maniera (nella diversità di condizione) dell’amicizia  del Principe di Salina, quando il principe gli chiede per chi ha votato nel plebiscito post occupazione, che legalizzò e sancì poi l’unità d’Italia, risponde che Lui i Savoiardi l’inzuppa nel caffè. E spiega che il padre era guardiacaccia reale e nei momenti di difficoltà, previa lettera, arrivava sempre da Napoli, dai sovrani, il richiesto aiuto economico , nella forma di 5 onze (o oncia p.s.  onza napoletana = 6 ducati; onza siciliana 3 ducati); che Lui non ha dimenticato questa generosità, sebbene il suo NO all’annessione, sia stato trasformato in un SI all’interno dell’urna.

Il Principe di Salina , riflette dentro di sé  che qualche voto di dissenso non avrebbe compromesso il risultato, ma che in questo modo è stata uccisa la buona fede. (...)

Il Brigantaggio  caratterizzò quel momento storico di grande caos, nel passaggio dalla casa regnante dei Borboni a quella dei Savoia, ma anche del passaggio del potere dalla nobiltà alla borghesia.

I contadini volevano le terre abbandonate dei latifondi, ma non era ancora tempo di riforma agraria.

(...) La classe  che si avvantaggiò dell’unità d’Italia fu la borghesia emergente, ormai la nobiltà era stata superata dalla Storia. Nel Gattopardo, il principe Salina rifiuta un seggio al Senato  del nuovo Stato Unitario  e suggerisce all’inviato del Governo  di offrirlo al commerciante Calogero Sedàra il padre di Angelica, indica in Lui l’uomo nuovo, pur non avendone stima.


Non è questa la serata, per approfondire questo, però penso che a 160 dall’Unità d’Italia, sia ben chiaro senza minimamente metterla in discussione per quanto mi riguarda. L’Italia era un’unità territoriale ( per la sua conformazione geografica, delimitata dal mare su tre lati ed al nord dalle Alpi) ancora prima di diventare una nazione, dice Denis Mack Smith nella sua Storia d’Italia.

Bisognerebbe aprire una commissione d’inchiesta per fare emergere la verità storica, sulle reali condizioni del nord e sud al momento dell’unificazione, sul bisogno del regno dei Savoia di conquistare un territorio che aveva anche una sua ricchezza.

(...) Senza cadere nel rischio opposto e cioè di idealizzare o peggio ancora osannare la politica dei Borboni, perché commetteremmo un altro falso storico.  

Ma con il solo fine di affermare la verità storica, recuperandola dalla storia ufficiale e  da quella alternativa; perché è molto probabile che la verità stia nel mezzo…. Fra le due versioni.


5^ riflessione il ruolo del giornalista,  dello scrittore

Per quanto concerne il ruolo del giornalista, Oreste Mottola non ha dubbi, è stato lapidario già nella Prefazione del Paese delle Ombre; molto semplicemente nell’espressione, ma sappiamo quanto impegno richieda  nella realizzazione, la regola è “ mai tradire il lettore … mai scendere a compromessi con i poteri, legali, illegali ed economici”.

Ed Oreste è stato autore anche di coraggiosi articoli giornalistici, non ha chiuso davanti al malaffare locale. 


La scrittura costa fatica non è semplice, al contrario di quanto si potrebbe immaginare. E’ un po' come zappare, rendere frolla la terra che si presenta compatta, mettere un seme buono e farlo crescere ed attendere i frutti.

Vedo questo  nei libri di Oreste Mottola: la fatica, l’indagine, la ricostruzione, la ricerca, per tirare fuori dall’oblio del tempo, i suoi personaggi . E mentre racconta, non dimentica il contesto storico . 


Oreste Mottola scrive per se stesso, perché è una necessita una passione che non può eludere, come dicevo all’inizio,  ma scrive anche come atto di amore verso questo territorio ; invito a leggere la parte dedicata al Fiume Calore, con la descrizione della bellezza del territorio, ma anche dell’appetibilità della cucina tradizionale.

 Ed anche qui apro una parentesi, non finirò mai di stupirmi come noi esserei umani, che siamo regolati fisicamente dagli stessi meccanismi, per intenderci con un cuore ed un cervello che funzionano nello steso modo, che rispondono agli stessi stimoli… siamo in grado di sentire e di pensare con contenuti diametralmente opposti. Accanto a chi ama il territorio come dimostra nei suoi scritti Oreste Mottola e come credo proviamo tutti noi anche se non scriviamo , altrimenti non saremmo qui adesso, come sia possibile che altri arrivino a farne “ la terra dei fuochi” . Quali sentimenti,  ci sono in quel cuori, quali ragioni ci sono in quelle menti ...in chi uccide l’ambiente in cui devono vivere i propri figli.


I figli, per chi li ha, comunque i ns giovani ed il ns futuro, una frase abusata questa si nell’uso, ma è innegabile che sia così.


Nella scrittura di Oreste vedo anche un altro fine, quello di tramandare le storie del territorio ai giovani, quindi semina per il futuro.

Indicativa è la dedica  nel libro “ I paesi delle Ombre” al primo gruppo di nipoti (Marica, Enzo ed Antonio), rinviando ad una successiva comprensione per i nipoti più giovani;  mentre adesso dedica  questa nuova fatica “Fiumi, briganti e Montagne ai pronipoti (Salvatore, Arianna e Camilla). 

Ma non si tratta di un una connessione circoscritta all’ambito familiare.

Lo scrittore Oreste Mottola ha ascoltato i racconti altrui, le testimonianze contemporanee oralmente raccolte, le testimonianze passate interrogando il tempo e gli archivi … e si trasforma a suo volta in testimone per le nuove generazioni .

Perché non si interrompa il filo che ci tiene tutti uniti su questa terra, il filo di continuità tra il passato ed il futuro, il passaggio del testimone fra le generazioni e tutto questo è semplicemente, meravigliosamente, la vita stessa.



6^ Riflessione Concludo con una riflessione più intima e personale

So che Oreste ha dovuto affrontare una dura prova e ne è uscito fuori bene, mi permetto di citarlo, perché vi ha fatto riferimento anche Lui in questo libro.

Invece io ho fatto il Covid, subito nella prima ondata, mi sono ammalata il 7 marzo 2020 e ne sono venuta fuori il 27 aprile. Ed essendo gli ospedali sia a Brescia che a Cremona ormai saturi, sono stata mandata dove tutto ha avuto inizio, a Codogno. 

Lo dico per rendere una testimonianza sul piano della comprensione degli eventi , CHI non è stato al nord - nel territorio delle tristemente famose cinque province, Brescia, Cremona, Bergamo, Lodi, Piacenza  - non può rendersi conto di cosa sia stato. Il senso di smarrimento di quella prima fase, il timore concreto che, con l’epidemia, stesse saltando la tenuta del sistema sociale.  Quando la  differenza fra la vita e la morte sembrava affidata al fato o, per chi ha fede, ad un’entità superiore. Questo senza nulla togliere al coraggio all’abnegazione, al sacrificio, anche in termini di vite umane, del personale sanitario. Come sempre l’umanità, nei  momenti peggiori, dà il meglio di se stessa.

Quando ci viene concessa una seconda change, non si può ignorare questo valore.


Per concludere questo mio intervento, rubo le frasi ad una canzone e non penso di mescolare il sacro con il profano, è che mi sembrano perfette per il pensiero che voglio esprimersi.


Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta

Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta

Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta.


Credo che Oreste abbia imparato a tenersela stretta in tutti i sensi, non solo la vita come fenomeno fisico che tutti ci auguriamo di tenercela stretta il più a lungo possibile, ma la  vita soprattutto come progetto, come impegno, come comprensione della propria collocazione nel contesto storico/sociale e voglia  di fare e di lasciare un segno del proprio passaggio e voglia di dare, nel senso di trasmettere esperienza e valori alle future generazioni. 

Ha imparato a tenerla stretta la vita, con onestà, dignità, amore per la propria terra.

E, chi ha cuore questi valori, non può non ricambiare  ed una modalità per esprimere la riconoscenza è anche quella di leggere questo libro.

Ed è per questo che io auguro ad Oreste Mottola ed al suo nuovo libro “Fiumi Briganti e montagne” edizioni Magna Grecia,  tutto il successo che il suo impegno e la sua onestà meritano. 





Domande


Perché si diventa scrittore:

Mi sarebbe piaciuto applicare la descrizione fatta da Camilleri per sé, ha esercitato la fantasia nel silenzio che richiede il gioco della mosca : ogni ragazzo punta una moneta, uno sputo e dove si deposita la prima mosca vince tutto. Ripreso da Giuseppe Tornatore nel film Malena.

Ma nella Prefazione al “ Paese delle Ombre” ha scritto dell’influenza che ha avuto un comizio del giornalista Bruno Mazzeo.

Forse è una mia fantasia, ma credo che vi abbia preso parte anche la sua località Sgarroni, che descrive con amore e nitidezza tagliente in una pagina accorata e dolorosa della propria vita:  candide nubi nel cielo, un fruscio d’ali, un cinguettio d’uccelli, il silenzioso volo di una farfalla bianca, il vento sbarazzino che gioca fra i rami. Mi sembra questo un perfetto contesto in cui si possa nascere e svilupparsi la passione per la scrittura.


Il Coraggio di mantenere indipendente la propria scrittura

Quanto ereditato dalla propria famiglia, che non ha mai voluto saperne di politica e di favori da chiedere ai potenti (Prefazione “Il Paese delle Ombre”) , quanto come crescita personale nel tempo.


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