MEZZO SECOLO "DI MESSA" PER DON CARMINE TROCCOLI L’ARTICOLO DI SILVIO MASULLO




Cinquant’anni al servizio del Signore e dei cilentani. Un traguardo significativo per don Carmine Troccoli, rettore del Santuario della Madonna di Novi Velia, ma di riflesso per i suoi parrocchiani e per un intero territorio. Della ricorrenza erano a conoscenza in pochi, anche nel paese natale di Sacco, probabilmente per la sua naturale ritrosia ad atteggiamenti autoreferenziali e celebrativi. “Ci vuole fuoco per essere apostoli. Essendo né caldi né freddi, cioè tiepidi, non si riuscirà mai a niente. Non sarà mai missionario chi non arde di questo fuoco divino” sosteneva il presbitero Giuseppe Allamano, proclamato beato nel 1990 da Papa Giovanni Paolo II. Don Carmine ha sicuramente dato senso e sostanza al suo apostolato. E’ stato innanzitutto un testimone ed interprete illuminato della fede e religiosità popolare. Quella spinta profonda e rivoluzionaria, che ha portato intere generazioni di cilentani a recarsi in pellegrinaggio al Monte Sacro, in un cammino di purificazione. Sono in pochi nelle nostre terre a non avere vissuto questa esperienza. Di questo “viaggio” ne parlavano i nostri nonni e i nostri avi. Era uno dei pochi momenti nei quali si abbandonavano i raccolti e si trascurava il bestiame per raggiungere a piedi, attraverso campi, tratturi e strade sterrate,“lu Monte” fino alla sommità di 1705 metri. Per le nuove generazioni sono arrivate le automobili e i pullman, con l’immancabile presenza di don Carmine, le sue parole che ti proiettano, nella mente e nell’anima, la storia e le peregrinazioni dei Monaci Basiliani, mentre lo sguardo resta incollato alla bella statua lignea della Vergine Maria, con il Bambino sul braccio sinistro. Don Carmine si è dedicato con passione e dedizione alla lectio divina, non disgiunta da capacità gestionali ed organizzative e da un grande interesse per la divulgazione, la cultura e la comunicazione. A testimoniarlo c’è l’impegno per l’archivio diocesano di Vallo della Lucania, l’insegnamento, gli incontri, i suoi libri. Citerò, peccando di partigianeria, “La baronia di Saccho. Chiesa e Società”, pubblicato nel 2000, edizioni Montesacro. Una ricerca imponente, 1094 pagine che spaziano dal 1510 al 1881 ed al tempo stesso una dedica ai suoi genitori ed un attestato di affetto al suo paese. Alla chiesa parrocchiale di Sacco, uno scrigno prezioso di memorie e ricordi, con la sua facciata candida e la protezione ideale del campanile, ha dedicato tempo, operosità e sacrifici. I 50 anni dall’ordinazione sacerdotale, nel periodo natalizio a Sacco, daranno la stura a ricordi collettivi e personali. “Silvio hai esagerato”, potrei anticipare le parole che mi rivolgerà don Carmine. Questo piccolo contributo ha inteso esprimere, con semplicità e senza adulazioni di sorta, la riconoscenza e l’affetto dei sacchesi. Auguri e tante cose belle, don Carmine. Silvio Masullo QUANDO “COLPI’” GUGLIELMO EPIFANI CON I SUOI LIBRI (Oreste Mottola). Quando si vide allungare, da don Carmine, nelle mani quei volumi, a prima vista anche davvero voluminosi, Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, in visita a Sacco, paese di sua madre, li prese compiaciuto e poi chiese: “Li ha scritti tutti lei?” Il rettore del santuario della Madonna della Neve, fino ad allora nelle sue vesti di guida d’eccezione per le straordinarie opere d’arte e di storia contenute nella bella chiesa di S. Silvestro, sorrise appena e annuì. Un attimo dopo era lì a proporre al sindacalista importante altri eventi e iniziative: “Veda don Carmine ho una vita movimentata… mi faccia leggere prima le sue opere. Vedo che ha fatto tutto lei, complimenti. Apprezzo molto anche perché nella mia precedente vita professionale mi occupavo proprio di editoria”. Fu anche così che l’uomo di chiesa e raffinato studioso seppe entrare nelle simpatie dell’erede di Giuseppe Di Vittorio. LA BIOGRAFIA Don Carmine Troccoli, ordinato sacerdote nel 1962, fu nominato nell’anno successivo (1963) aiuto dell’allora rettore del Santuario Mons. Alessandro Salati dal vescovo della diocesi di Vallo della Lucania Biagio D’Agostino. Mons. Alessandro Salati era succeduto a sua volta all’allora rettore del santuario, il leggendario Don Luca Petraglia che ne fu il custode dal 1907 alla sua morte avvenuta nel 1947. A Don Luca, considerato da tutti santo, si deve la trasformazione del Monte Sacro da chiesetta di montagna a santuario oltre che la costruzione del 1° nucleo funzionale dell’ospedale San Luca di Vallo. Don Luca Petraglia visse praticamente tutti quegli anni sul monte in quanto rimaneva li anche d’inverno. Quando nel 1967 Don Alessandro Salati rinunciò l’incarico per motivi di salute, Don Carmine Troccoli fu nominato rettore dal vescovo. Don Carmine Troccoli si è rivelato da subito “l’uomo giusto al posto giusto”. Avendo trovato il Santuario in condizioni disastrose e grande trascuratezza dovute probabilmente anche alle difficili condizioni climatiche e logistiche del luogo, e ritenendo che la casa della Madonna non potesse versare in quelle pietose condizioni, si mise subito al lavoro per il recupero e la rinascita del Santuario. Tale immenso lavoro durerà circa 30 anni col pieno sostegno dei tre vescovi che nel frattempo si sono succeduti alla guida della diocesi di Vallo della Lucania, rispettivamente Mons. Biagio D’Agostino, Mons. Giuseppe Casale e Mons. Giuseppe Rocco Favale. Don Carmine, nel sollecitare l’aiuto dei fedeli, amava ripetere: “ricorda che il mare è formato da tante gocce... corriamo ai ripari prima che sia troppo tardi”. I fedeli, attratti da tanta autenticità, entusiasmo e capacità del nuovo rettore, aprivano i loro cuori ed i loro… portafogli. Il primo e fondamentale passo per il recupero del Santuario venne fatto nel 1967 con l’arrivo in vetta dell’acqua , captata a 250 metri al di sotto della cima. Questo permise la costruzione di bagni pubblici per i pellegrini, dopo secoli di “naturale servizio a cielo aper-to”. Don Carmine, contro l’opprimente burocrazia italiana e l’assurda opposizione del WWF, con santa pazienza nei successivi 30 anni è riuscito a portare a termine l’ampliamento e la ristrutturazione dell’intero Santuario dotandolo di solide e armoniose infrastrutture, dotate di tutti i “comforts” che i tempi attuali richiedono. Dopo secoli in cui il Santuario era raggiungibile solo a piedi attraverso anti-che mulattiere, venne finalmente completata la strada (lavori iniziati nel 1953) che consente a tutti di raggiungere il Santuario in auto. LA TESTIMONIANZA DI BARTOLO SCANDIZZO Don Carmine Troccoli, da Sacco al Sacro monte, passando per la modernità Si chiamava “il Calderone” il giornalino dell’istituto magistrale di Piaggine fine anni ’60 con cui “debuttai” nel mondo del giornalismo. Fu un’esperienza esaltante per tanti versi, ma fu irripetibile sotto l’aspetto della complessità legata alla gestione dei rapporti e delle anime che collaborarono alla realizzazione del progetto Errico Gelsomino, Antonio Tommasino e tanti altri (destra, sinistra, centro …). Don Carmine Troccoli, docente di religione al magistrale, sostenne l’idea e facilitò l’aggregazione di noi studenti mettendo a disposizione la tecnologia della parrocchia di Sacco: fotoincisore elettronico e ciclostile per la stampa; la rilegatura la facemmo a mano … Per noi Don Carmine rappresentò la modernità a portata di mano. Quello che aveva i mezzi e non li lesinò ai giovani con cui aveva poco in comune in termini di idealità e voglia di rivoluzionare il mondo. Ci accomunava l’appartenenza allo stesso territorio e, forse, la voglia di essere protagonisti pur essendo nati nel profondo “Sud”. Allora non si parlava di Cilento né si immaginava un parco per difendere e valorizzare il nostro splendido “isolamento”. Al contrario, ci animava la voglia di “scalare il mondo. Volevamo più scendere a valle verso la modernità che risalire le falde del Cervati dove ancora persistevano i residui della civiltà pastorizia di cui tutti noi eravamo figli. Anche Don Carmine, come tantissimi giovani figli della guerra, aveva avuto accesso all’istruzione con la I maiuscola, grazie all’ingresso in seminario. La missione di valorizzare il “Sacro monte” di Novi è divenuta l’essenza della sua vita. I suoi 50 anni di sacerdozio coincidono con la storia recente dell’intero territorio che lo ha visto protagonista, quindi gli auguri che facciamo a lui per il futuro, li facciamo anche noi che continuiamo ad abitarlo. Bartolo Scandizzo

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