Altavilla, la storia delle donne che comandano il paese



1799: “Le donne altavillesi presto si armarono di roncole, schidioni , scuri e mortai”, narrano le cronache, ed andarono a combattere contro la banda sanfedista che voleva prendere il paese dalla parte del bosco “Foresta”. Il resto della storia veniva raccontato ogni anno da una bella rievocazione storica. Sì, perché Altavilla (che, detto incidentalmente, è il mio borgo natale) è un paese tradizionalmente matriarcale. La storia delle donne protagoniste comincia ancora da più lontano. Da quelle antenate che fortunosamente scampate alla strage ordinata, del 1246, da Federico di Svevia, e che ripopolarono il paese dopo che i maschi – uomini: e bambini – furono tutti passati per le armi. Ci volle allora davvero una gran forza per far ripartire la vita nel nostro paese e – probabilmente – da quella terribile prova viene la straordinaria forza e tenacia delle nostre donne. Molto spazio hanno avuto le nostre donne anche nella letteratura: dalla Sofia che incanta il giovane seminarista Antonio Bennato alla bella bionda adolescente che strega il maturo don Aurelio Pipino, mentre appaiono tranquille, assennate e gran lavoratrici le donne de “Le novelle dell’Acquafetente”. Le contemporanee sono invece le vere protagoniste dei romanzi di Francesco Di Venuta. Un’aura romantica hanno conservato Mariangela Cantalupo che nel 1799 sposerà un ufficiale francese facendo tre giri intorno all’Albero della Libertà nell’allora Largo del Castello, ma si ignora come sia proseguita la liason quando il graduato dovette lasciare il paese, e poi la “briganta ” Francesca Cerniello che – oltre ad esserne stata l’amante – sarà anche il vero “uomo forte” della banda di Gaetano Tranchella.
Dopo la storia delle donne diventa un fatto più corale e meno individualistico. S’intreccerà con la prima guerra mondiale e gli inizi dell’emigrazione verso l’America, eventi che proietteranno le donne altavillesi sempre più verso il mondo del lavoro per sostituire gli uomini assenti. Con il fascismo sono di nuovo risospinte verso il tradizionale ruolo di “produttrici di figli” ed arriverà poi la tragedia dell’ultimo conflitto con il suo corollario di figli, mariti e fidanzati stroncati dalla follia bellica e – nel settembre del 1943 – i tristi bombardamenti su Altavilla con donne, bambini ed anziani uccisi dalle bombe.
Le donne, nel secondo dopoguerra, avranno un ruolo di primo piano nelle fabbriche locali, nel tabacchificio ed al conservificio di Borgo Carillia. Ma qualche anno prima è una giovane altavillese tra le prime ad infrangere il tabù che vedeva le donne escluse dalla professione medica. E’ la dottoressa Vittoria Belmonte, madre del docente universitario Renato Aymone. Di lì a qualche decennio, grazie ai sacrifici dell’emigrazione e ad una situazione sociale più aperta, anche ad Altavilla le donne conquistano posizioni nel mondo della scuola e della società nel suo complesso. Un nome su tutte: Carmela Di Agresti, che diventa dapprima docente ordinario presso l’Università di Bari e poi preside di una Facoltà della Lumsa di Roma.
LA “MALA” NOMEA DELLO SCIVOLIATURO. Un tempo Altavilla Silentina era un paese soprannominato “lo scivoliaturo” sia per l’accidentata conformazione urbanistica ed alti metrica del suo centro antico che per alludere ad una supposta e tutta da dimostrare abitudine alla trasgressione – nei tempi andati – in fatto d’amore delle sue giovani donne. Quel che oggi resta di questo pregiudizio sono due filastrocche che dimostrano cose diverse. La prima è diffusa nel Cilento interno (sconosciuta ad Altavilla) e dice: “Me sò partuto apposta ra la Puglia, Pè me veni a nzurà a l’Autavilla. ‘Nzinga arrivato ‘nge fici ‘na imbroglia, I ‘mbrugliai la mamma cò tutta la figlia. Te preo bella mia nun te fa ‘mbrug1iare, Ca l’uomini sò tutti ‘ngannaturi”.
La strofetta fa pensare alla generosità delle nostre donne che capitolano davanti “all’erba più verde del giardino del vicino sconosciuto” che ad altro. La poesiola vorrebbe dimostrare che sono sempliciotte, fino al punto di farsi imbrogliare a due…l’esperta madre e la giovane figlia!
Le altavillesi si riscattano poi con un canto del Sette – Ottocento, arrivato fino a noi grazie al libro del 1898 dei fratelli Ferrara e che veniva cantato dalle nostre donne mentre lavoravano nei campi: “Oh uocchi niuri, core di diamante, Nun ti pozzo luvare da sta mente; lli nimici tuoi ni ricino tante! E vonno ca ti lasso ntortamente. I prego Diu e tutte l’aute sante, ca resse lume a tutta chesta gente. Quannu ti vego, mi scappa lu chiantu. Lu sape st’arma mia che pena sente. ” E sono sempre i Ferrara a descrivercele, fin de siecIe, ad Ottocento tramontante come: “piuttosto economiche, laboriose, religiose fino alla superstizione ed eminentemente gelose del proprio onore, ma piace loro di abbigliarsi caricandosi di gingilli d’oro e di corallo, e hanno il peccatuccio di essere molto ciarliere”. Cambiato qualcosa di sostanziale, dopo oltre 110 anni?
Oreste Mottola
Tutte le reazioni:
Alfonso Rufo, Angelo Vitolo e altri 27
5
7
Condividi

Commenti

Gli articoli più letti

BATTIPAGLIA AVERSANA. La storia di due agricoltori che hanno scoperto l'antico porto sul Sele e Tusciano

ALBURNI, IL MIRACOLO DELLE FRAGOLINE DI ANTONIO

ALBANELLA. Nuovo sindaco cercansi. C'è chi ipotizza gli "stranieri": da Giovanni Santomauro ad Antonio Marra

Valva, aristocratica e misteriosa terra sulla via del grano da Eboli a Matera Fu allungata nelle proprietà del marchese di Valva per dotare il suo feudo di una strada, a spese dello Stato

ALTAVILLA. IL PAESE PIU’ IMPORTANTE DELLA PIANA DEL SELE

CLOONEY, TREDICI ANNI FA L'INCIDENTE AUTOMOBILISTICO A FELITTO

Agostino Cembalo, l’ingegnere che vola in Francia Lavora sulla meccanica dei fluidi e sul risparmio energetico delle auto

PERSONAGGI. Fabio D’Onofrio, un piede nel passato e la testa nel futuro. L’agricoltore più moderno che c’è

E' SALERNITANA (DI PAESTUM) LA MOZZARELLA PIU' BUONA

ALTAVILLESI DOC: ZIO ANTONIO DI VERNIERE DETTO PICCIRILLO