Le antiche rose di Paestum nascevano sui rovi innestati

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articolo di ORESTE Mottola (nella foto, vera rosa coltivata a Paestum)
"Se già non fossi al termine del mio lavoro canterei i rosai di Paestum che producono due volte all'anno”, scrisse Virgilio nelle Georgiche. Già, a trovarle ora quelle rose, scomparse da secoli. Ogni tanto c’è un progetto, quando della Soprintendenza e quanto del Parco del Cilento, ma della vera rosa bifera non v’è traccia. Una svolta in questa ricerca, con la sorpresa degli addetti ai lavori, la stanno facendo vivere un accreditato ricercatore dell'Università di Salerno, Fernando La Greca, ed un'esperta coltivatrice di rose, seppure per hobby, che hanno prima formulato e poi dimostrato un'ipotesi rivoluzionaria sulla scomparsa delle rose cantate da Virgilio. Esse erano prodotte, da espertissimi coltivatori, partendo da innesti sui rovi. Quello che ne veniva fuori era un ibrido, da qui la scomparsa della varietà, a causa dell'allontanamento forzato dalla zona. La prima rosa è già prodotta (nella foto) da Filomena De Felice nel suo roseto sulle colline di Agropoli, a pochi chilometri da Paestum. Davvero certosino il metodo seguito da La Greca. Il ricercatore ha ripassato tutte le fonti disponibili fino ad avere “l’illuminazione” da un brano di uno scrittore tardo latino, Ennodio. I Pestani non innestavano semplicemente le rose tra di loro, “operazione tutto sommato – dice La Greca – banale, ma sui rovi, o, se si vuole, su arbusti spinosi della stessa famiglia delle rosacee. ”Una prova visiva è “L’affresco con rose” che si trova a Pompei, nella Casa del bracciale d’oro dove si vede la pianta di rosa sostenuta da una canna, più o meno come i contadini fanno ancora oggi con le coltivazioni di fagioli o di pomodori.

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